lunedì 7 settembre 2015

La Stampa 7.9.15
E sul Senato il premier vuole direttamente l’aula
Saltare la Commissione per rottamare 500mila emendamenti
di Amedeo La Mattina


Ci sarà suspence per una decina di giorni prima di entrare nel vivo della riforma costituzionale e di capire se al Senato si arriverà alle votazioni sulla scia di un accordo o di una rottura dentro il Pd. Tutta la prossima settimana infatti passerà con le audizioni in commissione dei presidenti di Regione, tra i quali Chiamparino, Maroni e Zaia. Ancora una settimana di ossigeno per discutere, trattare, cercare una soluzione che scongiuri la rottura tra Renzi e la sinistra Dem che chiede di mettere mano all’articolo 2 per introdurre il principio dell’elettività diretta dei nuovi senatori. Dopodiché la commissione Affari costituzionali voterà per andare direttamente in aula: l’unico modo per rottamare gli oltre 500 mila emendamenti. Così, a metà settembre si arriverà in aula senza il relatore (Anna Finocchiaro) ed entrerà in scena il presidente del Senato Grasso che ha l’ingrato compito di decidere se l’ articolo 2 può essere emendato o no. Una decisione pesante che, secondo Renzi, potrebbe costringere a ricominciare tutto da capo. Una tesi che non mette d’accordo nemmeno i costituzionalisti e considerata «falsa» dai senatori dissidenti del Pd.
Il premier ieri dalla Festa dell’Unità ha detto che è arrivato il momento di dire basta con le infinite discussioni e i veti. Parole sono state interpretate da Chiti come una chiusura. Ma non tutti la pensano così. «Le riforme costituzionali non si fanno con i comizi alla Festa dell’Unità, ma nelle aule parlamentari», osserva Miguel Gotor, capofila a Palazzo Madama della sinistra Dem. Il quale consiglia Renzi di pensarci bene prima di rompere la corda «perché l’unità del Pd è importante per vincere le elezioni, sia le comunali del prossimo anno sia le politiche quando saranno. La destra si sta organizzando e Renzi non può pensare di fare il pieno di voti in quell’elettorato».
Ad abbassare i toni ci ha pensato il ministro Boschi. «Sul 90% dei punti siamo d’accordo. Poi c’è il tema dell’elettività del nuovo Senato, ma non è il punto centrale della riforma», dice il ministro al Forum Ambrosetti di Cernobbio. Comunque, ha aggiunto quasi a tendere una mano, «le soluzioni tecniche si trovano: il problema è che non bisogna fare mediazioni al ribasso». Sull’Italicum invece nessun margine di cambiamenti. «La legge elettorale non va rimessa in discussione. E’ un passo avanti per il Paese, perché è difficile avere autorevolezza internazionale se ogni 13 mesi in media i nostri partner vedono cambiare i ministri». Insomma, non ci potrà essere nessun baratto tra riforma costituzionale e Italicum. Anche se Quagliariello di Ncd sostiene che non sarebbe «una bestemmia» cambiare la legge elettorale, introducendo il premio di maggioranza alla coalizione anziché al partito.
Renzi punta a dividere la minoranza. I renziani parlano di posizioni diverse da parte di Bersani che sarebbe favorevole al lodo Boschi-Zanda: la possibilità di un listino di candidati senatori da eleggere indirettamente alle regionali. Una vulgata che è stata smentita dallo stesso Bersani. Difficile prevedere come andrà a finire e se l’opposizione ne approfitterà. Berlusconi, fino ad oggi, sembra fermo sulle sue posizioni. Sostiene che c’è «il rischio forte di un regime se non ci saranno modificate». Sarebbe l’effetto del «combinato disposto di una riforma costituzionale che praticamente abolisce il Senato ed il premio di maggioranza ad un solo partito che con meno del 40% potrebbe ottenere la guida unica del Paese».