domenica 6 settembre 2015

Repubblica 6.9.15
Bersani apre al lodo
Boschi-Finocchiaro “La base vuole accordi”
di Goffredo De Marchis


L’ex leader ha ribadito al vicesegretario Guerini la disponibilità a un patto senza toccare l’articolo 2 Il gruppo bersaniano indica una sorta di “disarmo bilaterale” per trovare una via d’uscita

ROMA Bersani offre a Renzi una «disponibilità vera» sul Senato. Certo, deve maturare quello che l’ex segretario chiama «disarmo bilaterale ». Ma agli interlocutori della maggioranza ha fatto capire che da parte sua c’è l’apertura a modifiche della riforma costituzionale che non tocchino direttamente l’articolo 2 del testo, ovvero la norma sull’elettività. Del resto, nel brebe incontro con Lorenzo Guerini alla festa dell’Unità di Milano Bersani ha detto: «Lo so anch’io che la nostra gente non capirebbe una rottura nel Pd sul Senato elettivo». Si parte da qui, da questa consapevolezza. In attesa di un segnale chiaro del premier assieme alla rinuncia dei toni ultimativi del tipo «i numeri ci sono, la maggioranza non è in pericolo». Non è vero, a meno di rivolgersi direttamente ai trasfughi di Forza Italia e alo stesso Berlusconi.
Il disarmo bilaterale serve anche a giustificare una parziale correzione di rotta della minoranza, a convincere quelli che i renziani chiamano gli oltranzisti, i senatori che anche di fronte alle concessioni eventuali del governo continuano a considerare l’offerta una specie di barzelletta. Massimo Mucchetti, Miguel Gotor e Federico Fornaro, i tre parlamentari che hanno costruito il gruppo dei 25 intorno agli emendamenti all’articolo 2, hanno risposto a muso duro all’idea di un listino di consiglieri regionali che i cittadini dovrebbero indicare come futuri membri di Palazzo Madama. Insistono per un’elettività reale, pur mantenendo la distinzione tra le due Camere e decretando la fine del bicameralismo perfetto. «Tutto il resto sono scorciatoie inconciliabili con la Costituzione», avverte Fornaro.
Il lodo Boschi-Finocchiaro (l’ipotesi del listino, l’elezione indiretta dei senatori) deve fare ancora un po’ di strada. Rientra, almeno nelle intenzione di Bersani, in un accordo politico complessivoche otenga dei risultati persino superiori al modello Mattarella molto invocato in questi giorni. Un accordo sulla riforma allargato anche alla legge di stabilità e al partito in modo che nel Pd possa avere diritto di cittadinanza la parola sinistra. Per questo sia l’ex segretario sia Massimo D’Alema stanno insistendo molto sul disagio del popolo democratico, sui deficit di Largo del Nazareno. In presenza di una vera intesa a tutto campo, si prepara a rientrare in gioco anche un bersaniano di ferro come Vasco Errani. L’ex governatore dell’Emilia Romagna, risolte con una piena assoluzione le sue vicende giudiziarie, è molto stimato da Renzi. Per lui è in caldo una poltrona nel governo come viceministro dello Sviluppo economico con le deleghe che furono di Claudio De Vincenti, ossia la politica industriale dell’esecutivo. Ma si parla addirittura di un ruolo di sottosegretario a Palazzo Chigi. Errani però attende, prima di dire sì, che si realizzi un patto stabile dentro al Pd, che passi dalla riforma del Senato per arrivare ai provvedimenti economici. A quel punto il suo sbarco a Roma ne farebbe il garante di quel patto.
Per il momento condivide la posizione degli oltranzisti Gotor, Mucchetti e Fornaro «perchè di concreto non c’è niente». I senatori dissidenti hanno firmato degli emendamenti, è naturale che non facciano passi indietro davanti a delle promesse evanescenti come quelle di alcuni renziani. Si attende il discorso di chiusura di Renzi alla festa dell’Unità oggi e soprattutto la riunione del gruppo senatoriale martedì. In queste sedi il premier deve presentare una proposta concreta che aiuti una deposizione delle armi da parte di tutt’e due gli schieramenti. Accanto al listino, il governo è pronto a rivedere anche le funzioni del nuovo Senato accrescendole. La prossima settimana in commissione Affari costituzionali la presidente Anna Finocchiaro ha convocato alcuni presidenti di Regione per sapere quali altre materie è corretto che siano di competenza delle due Camere e non di una sola. Non è questo il punto centrale della sfida, ma può rappresentare un gesto distensivo.
La trattativa prosegue al telefono. Un segnale decisivo si attende prima di martedì quando Renzi sarà al Senato e vuole sapere se i margini ci sono oppure bisogna prepararsi alla rottura. Gli “oltranzisti” accusano i renziani di voler dividere il fronte del dissenso: «Ma non vedo cedimenti nei 25», dice Fornaro. I renziani, sussurrano quelli della sinistra, hanno problemi tra di loro, divisi come sono tra un’ala dialogante e un’altra che spinge per far cadere tutto, andare al voto al più presto e liberarsi dei ribelli. Ma non è que-st’ultima la via che ha scelto Renzi, proprio adesso che si vedono segnali di ripresa e che l’establishment, come si è capito ieri a Cernobbio, gli chiede di andare avanti con le riforme. Il passaggio della legge costituzionale servirà al premier per capire se può andare avanti, seguito da tutto il Pd.