venerdì 4 settembre 2015

Repubblica 4.9.15
Bersani attacca Renzi “Democrazia deformata ma mai una scissione”
Anche contestazioni per l’ex leader. Boschi: “Nuova maggioranza? Prematuro”
di Giovanna Casadio


MILANO. Proprio sulle riforme, Pierluigi Bersani è contestato. Una mini contestazione, dopo tanti applausi, però nello spazio dibattiti della Festa nazionale dell’Unità stracolmo l’ex segretario deve misurarsi con la platea che rumoreggia. Lui parla di «deformazione della democrazia» per il cattivo mix di Italicum, nuovo Senato e partiti senza primarie, senza regole chiare né soldi pubblici. «Non vorrei che le mie figlie vivessero in un paese che non somiglia a nessuno», incalza. Dalla platea gli gridano: “Pierluigi, sono trent’anni che le cose non cambiano...”. E Bersani replica: «Beh, per me farei anche un emendamento che dice “abolito il Senato”, però dobbiamo modificare la legge elettorale». Sullo stesso palco della Festa, un paio d’ore dopo la ministra Maria Elena Boschi risponde a Bersani sulle riforme: «Faremo l’ennesima riunione del gruppo del Pd, discuteremo ma si decide a maggioranza e non si ritorna al punto di partenza». Nega di essere il poliziotto cattivo del governo e che la maggioranza possa collassare così che i voti di Verdini e company diventino indispensabili: «Sui numeri non ci sono preoccupazioni. La maggioranza c’è e ci sarà.
Prematura la preoccupazione su una nuova maggioranza. Il Pd non si assuma la responsabilità di interromperle». Bersani e Boschi non si incrociano.
L’ex segretario tiene il punto. Difende D’Alema che in un’intervista ha attaccato Renzi: «Nel partito c’è disagio e ci vuole rispetto», esorta. Di mediazione sulla riforma costituzionale «non ne so nulla, ma non è che i senatori hanno bisogno di mamme, di me o di Renzi. Io non sono la mamma di Corsini, Mucchetti, Gotor e gli altri che hanno firmato un documento a luglio e nessuno ha detto bah». Una mediazione è auspicabile a patto che si facciano delle modifiche di buonsenso perché il pericolo è grande. «È quello non di un uomo solo al comando, ma di un uomo solo al guinzaglio dei potentati economici e dell’informazione.
Comunque scissioni mai, tre volte mai».
Neppure bisogna affidarsi ai “transfughi” della destra per portare avanti le riforme. E l’altra bordata a Renzi è: «Qualche volta ad andare in solaio si trovano cose buone». Buone per il rilancio dell’economia del paese che non riparte. Saggio sarebbe fare un discorso sulle tasse che non smarrisca l’identità del centrosinistra: «Bisogna togliere a un pezzo del nostro mondo l’impressione che lo si stia portando dove non vuole andare. Siamo un centrosinistra alternativo alla destra. A Milano dobbiamo vincere mica stiamo a pettinare le bambole...».
Sulle tasse arrivano gli applausi della platea. «Il Pd ha sempre detto di tassare progressivamente i patrimoni ingenti». È un altro tassello dell’identità dem: la sinistra è welfare, non lo slogan meno tasse e basta. E la gente del Pd, ne ha dovuto ingoiare di rospi, ricorda Bersani: il Jobs Act, Azzolini, però «deve sapere che parla qualcuno che all’essenziale la pensa come te».
C’è il tempo anche per un vertice per convincere Pisapia il sindaco di Milano a restare. Bersani raggiunge il vice segretario Lorenzo Guerini e Giuliano Pisapia che con il ministro Martina discutono a lungo della città. «Giuliano, teniamo unito il centrosinistra», invita l’ex segretario. E Bersani farebbe il sindaco di Bologna? «Non ci penso proprio».