venerdì 4 settembre 2015

La Stampa 4.9.15
Incrocio Bersani-Boschi. Scintille alla Festa del Pd
L’ex segretario: “C’è disagio nel partito”. La ministra: “Andiamo avanti”
di Fabio Poletti


Li unisce lo stesso partito, questo palco nel cuore di Milano, la giornata del dibattito anche se in orari differenti. Per il resto il ministro Maria Elena Boschi e l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani sono su due pianeti diversi. Guarda alla pancia del partito, l’ex segretario oggi in minoranza: «Certamente c’è un disagio nel partito, un problema politico che va affrontato: parecchia della nostra gente sta pensando che la si porti dove non vuole andare. A un problema politico si risponde con la politica».
Applausi dalla platea anche se il nome di Matteo Renzi nemmeno lo fa. Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi un’ora dopo detta la linea del governo di fronte alle critiche: «Non si può sempre trovare una scusa per ricominciare da capo. La democrazia non è l’unanimità. Si decide a maggioranza lo si farà anche nel Pd. Una maggioranza c’è spero che ci sia anche il Pd unito». Lo strappo è nell’aria da mesi. I numeri al Senato sono quelli che sono. Al governo potrebbe servire una stampella. Il ministro più renziano che c’è guarda alla realpolitik a partire dalla mano che potrebbe dare Denis Verdini con gli altri transfughi da Forza Italia o lo stesso partito di Berlusconi: «Verdini ha già votato le riforme un anno fa... Se Forza Italia cambiasse idea e votasse le riforme sarebbe positivo».
Si capisce che in ballo ci sono soprattutto gli equilibri interni al partito. E se in ballo c’è il premier che è pure segretario, Pier Luigi Bersani non le manda a dire: «Quello che viene fuori non è l’uomo solo al comando, ma l’uomo solo guinzaglio di chi ha risorse economiche». Qualcuno già si agita sulla sedia e si capisce che non è per le zanzare. Bersani mette in discussione l’efficacia reale degli 80 euro renziani, le politiche sul lavoro che non riparte come avrebbe dovuto, la gestione del welfare. Ma l’attacco più duro va alle riforme, il terreno minato del governo Renzi che in Senato potrebbe tenere conto di altre maggioranze variabili.
A Bersani figuriamoci se piace: «La politica delle convenienze dovrebbe esser della destra». Ma ancora meno gli piace il Senato non elettivo, l’assenza di dibattito in parlamento, il piano sulle riforme che sembra una lunga marcia solitaria: «A questo punto tanto vale abolire del tutto il Senato e metter mano alla legge elettorale per la Camera. Non conosco costituzioni fatte da un governo fino alla virgola. C’è una deformazione seria del sistema democratico». La platea rumoreggia. Qualcuno gli grida: «Non avete fatto niente per trent’anni...». Bersani incassa, non si scompone e per la milionesima volta ripete: «Alle ipotesi di scissione dico mai. Tre volte mai!».