Repubblica 3.9.15
Sono i sauditi il vero pericolo non Teheran
Niente è stato più deleterio dei miliardi che Ryad ha investito per spazzare via il pluralismo nell’Islam
di Thomas L. Friedman
LA SETTIMANA SCORSA il Washington Post ha pubblicato un articolo a proposito di circa duecento, fra generali e ammiragli in pensione, che hanno inviato una lettera al Congresso «esortando i parlamentari a rigettare l’accordo con l’Iran sul nucleare, che a detta loro mette a rischio la sicurezza nazionale». Ci sono argomenti legittimi per essere favorevoli o contrari a questo accordo, ma in quell’articolo viene citato un argomento così pericolosamente infondato che bisogna denunciarlo senza mezzi termini. L’argomento di cui parlo è farina del sacco del tenente generale Thomas McInerney, ex vicecomandante delle forze aeree Usa in Europa, oggi in pensione, che a proposito dell’intesa nucleare dice: «Quello che non mi piace è che gli iraniani sono il primo gruppo islamico radicale del pianeta. Foraggiano l’Islam radicale in tutta la regione e in tutto il mondo. E noi consentiremo loro di procurarsi armi nucleari». Spiacente, generale, ma il titolo di maggiori «foraggiatori dell’islam radicale» non spetta agli iraniani. Neanche lontanamente. Spetta al nostro alleato putativo, l’Arabia Saudita.
Se pensate che l’Iran sia l’unica fonte di problemi in Medio Oriente, significa che l’11 settembre, quando 15 dei 19 dirottatori erano di nazionalità saudita, vi stavate facendo una bella dormita. Nulla è stato più deleterio per la stabilità e la modernizzazione del mondo arabo, e in generale del mondo islamico, dei miliardi e miliardi di dollari che i sauditi hanno investito a partire dagli anni 70 per spazzare via il pluralismo dell’islam — i sufi, i sunniti moderati, gli sciiti — e imporre al suo posto il modello del salafismo wahabita — puritano, antimoderno, antifemminile, antioccidentale, antipluralistico — promosso dall’establishment religioso saudita. Non è una coincidenza che molte migliaia di sauditi abbiano aderito allo Stato islamico o a quelle associazioni di beneficenza del Golfo Persico che hanno spedito e spediscono donazioni all’Is. È perché tutti questi gruppi jihadisti — l’Is, Al Qaeda, il Fronte al-Nusra — sono una filiazione ideologica del wahabismo iniettato dall’Arabia Saudita nelle moschee e madrassa (le scuole religiose) di tutto il mondo islamico, dal Marocco all’Indonesia passando per il Pakistan. E noi, l’America, non li abbiamo mai chiamati a renderne conto, perché siamo drogati del loro petrolio, e i drogati non dicono mai la verità ai loro spacciatori.
L’Arabia Saudita è alleata degli americani su molti temi, e nel Paese ci sono moderati che detestano le loro autorità religiose. Ma resta il fatto che l’esportazione del wahabismo, questo puritanesimo islamico, è stata una delle cose peggiori accadute al pluralismo (del pensiero religioso, del genere e dell’istruzione) nel mondo islamico e arabo nell’ultimo secolo.
© 2015, The New York Times News Service (Traduzione di Fabio Galimberti)