giovedì 3 settembre 2015

Repubblica 3.9.15
Auschwitz, la triste sorte del memoriale italiano
Resta nel lager o sarà smontato?
Il progetto di rimpatriarla non tiene conto della difficoltà e dei costi per trasferire un’installazione così delicata
di Cesare De Seta


Da anni l’opera realizzata da Lodovico Belgiojoso insieme a Primo Levi Luigi Nono, Nelo Risi e Pupino Samonà è preclusa ai visitatori E da tempo avanza l’idea di farla rientrare nel nostro Paese
La bella corrispondenza di Wlodek Goldkorn da Cracovia (uscita martedì scorso su queste pagine) è un’ulteriore conferma che Adorno si era sbagliato. Ed è l’occasione per tornare ad Auschwitz, dove molte nazioni hanno il loro memoriale nelle baracche dell’ex lager. Sono mostre permanenti allestite gestite dai rispettivi governi: il Memoriale dei deportati italiani ad Auschwitz fu realizzato nel 1979 con la regia di Lodovico Belgiojoso, tra i sopravvissuti del campo. L’intento di Belgiojoso, Primo Levi, Luigi Nono, Nelo Risi e Pupino Samonà fu quello di non separare le diverse deportazioni politiche e razziali e di illustrarne le motivazioni all’interno della storia italiana ed europea. Un memento perché si prendesse coscienza delle responsabilità della comunità umana dinanzi a questo abisso.
Primo Levi nel testo per il Memoriale scrisse: «La storia della Deportazione e dei campi di sterminio, non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa . Noi, figli di cristiani ed ebrei (ma non amiamo queste distinzioni) di un paese che è stato civile, e che civile è ritornato, dopo la notte del fascismo, qui lo testimoniano ». La spirale progettata da Belgiojoso e i suoi amici coinvolge lo spettatore in una narrazione spazio-temporale visiva e sonora di struggente intensità. Per «trasmettere ai visitatori una sintesi dello stato d’animo di milioni di esseri umani ridotti alla condizione di schiavi o di bestie da macello », come disse Belgiojoso.
Assai incerto è il destino dell’opera e il governo italiano ne dovrebbe tutelare l’integrità in loco. Invece la soluzione che si prospetta sembra è quella di trasferirla a Fossoli. Idea insensata, se si pensa alla difficoltà e ai costi per trasferire un’opera così delicata, i cui autori dell’opera sono morti.
Il memoriale è un’opera d’arte totale, una Gesamntkunstwerk , in cui convivono architettura, pittura, letteratura e musica, da decenni preclusa ai 14 milioni di visitatori che ogni anno giungono ad Auschwitz. Documento della memoria che abbraccia cristiani ed ebrei, come scrisse Primo Levi. Qui non si tratta di salvare una bella opera del genio italiano, ma la memoria di questo sacrificio, che è parte della nazione e della sua volontà di essere presente agli occhi del mondo che giunge ad Auschwitz.