martedì 22 settembre 2015

Repubblica 22.9.15
Catherine Dunne
“Ma la pace durerà nonostante gli irriducibili”
intervista di E. F.


DUBLINO “È UNA CRISI politica, non il ritorno della guerra civile», dice Catherine Dunne. La scrittrice irlandese giudica i fatti di Belfast come «gli ultimi fuochi» di una stagione tramontata: «È difficile disarmare chi ha trascorso la vita a combattere, ma la pace durerà», afferma l’autrice di Un terribile amore , il suo ultimo romanzo, pubblicato in Italia da Guanda, come
La metà di niente e tanti altri best-seller.
Quanto è seria la crisi a Belfast, signora Dunne?
«Sembra più una manovra politica che una questione portatrice di gravi conseguenze. Questa è l’impressione che molti hanno a Dublino. Mi auguro che non venga smentita. E spero che l’Irlanda del Nord continui ad avere un governo autonomo, in cui protestanti e cattolici siedono insieme ».
Eppure c’è stata una serie di sconcertanti omicidi.
«Non sottovaluto la violenza che c’è stata in questi ultimi mesi. Ma credo siano gli ultimi fuochi di una stagione ormai tramontata piuttosto che la miccia di una nuova esplosione. È difficile disarmare, di fatto e mentalmente, persone che hanno passato la vita a fare la guerra. E questo vale per entrambe le parti, cattolici e protestanti. E’ inevitabile che vi siano degli irriducibili che continuano a ragionare soltanto con le armi in pugno. In mancanza di un conflitto, rivolgono le armi in altre direzioni, legate al traffico di droga, alla criminalità comune, a vendette private e regolamenti di conti personali. Non mi pare, tuttavia, che la leadership dello Sinn Fein, il partito cattolico, sia coinvolta, né che si sia davanti a una rinascita dell’Ira e della lotta armata».
E dunque cosa c’è dietro le dimissioni del premier Robinson e la caduta del governo autonomo?
«Dietro questa crisi ci sono degli interessi politici di parte, strumentalizzazioni nella speranza di guadagnare voti in un’elezione anticipata. Ma non è necessario sciogliere il parlamento di Belfast. Le due parti dovrebbero continuare a governare insieme, nell’interesse della pace e del benessere, che sono le uniche cose che contano per la gente dell’Irlanda del Nord».
Come viene visto, da Dublino, quello che accade a Belfast?
«In Irlanda, qui a Dublino, la crisi di Belfast a dire il vero non ha suscitato grandi apprensioni, almeno finora. Forse vedendola da vicino, la valutiamo nel modo giusto. E abbiamo altre priorità al momento, la ripresa economica che per fortuna sta ridando occupazione e speranze al nostro paese, l’effetto benefico della legge sul matrimonio gay in una nazione fortemente cattolica ».
Crede possibile che l’Irlanda un giorno si riunifichi, ovvero che l’Irlanda del Nord esca dalla Gran Bretagna?
«Non penso che l’unità dell’Irlanda sia un obiettivo a breve o medio termine, e forse nemmeno a lungo termine. La situazione è talmente complicata che è difficile immaginare come potrebbe avvenire la riunificazione dell’isola. E poi perché dovrebbe essercene bisogno? Non esiste un vero confine tra repubblica irlandese e Irlanda del Nord. Io vado a Belfast in macchina tutte le settimane e nessuno mi ferma o controlla i miei documenti. Dopotutto apparteniamo tutti all’Unione Europea. Ecco, se la Gran Bretagna uscisse dalla Ue, allora forse qualcosa cambierebbe. Ma confido che neanche questo avverrà».
La pace in Irlanda del Nord durerà?
«La pace reggerà. Sarà una pace fredda, intervallata da occasionali violenze, come quelle che risvegliano vecchi fantasmi in questi giorni, ma è meglio della guerra civile. Ci vorranno un paio di generazioni prima che le ferite del passato si rimargino del tutto e vengano dimenticate».
(e.f.)