martedì 22 settembre 2015

La Stampa 22.9.15
Netanyahu vola da Putin
“Intesa militare sulla Siria”
Il premier israeliano al Cremlino dopo l’invio di armi russe ad Assad
“Coordinamento per evitare incidenti”. Primi droni di Mosca in azione
di Maurizio Molinari


Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu firmano al Cremlino un’intesa sul «coordinamento militare» in Siria che pone le basi per convergenze strategiche più ampie in Medio Oriente. Al termine di due ore e mezza di colloqui, affiancati dai consiglieri militari, Putin e Netanyahu parlano alle tv seduti davanti al caminetto dello studio privato del presidente, trasmettendo l’immagine che riassume la svolta. «Quest’accordo è importante per la nostra sicurezza perché l’alternativa sarebbe stata esporsi a pericolosi confronti con Mosca», esordisce Netanyahu, riferendosi alla decisione di creare un «meccanismo di coordinamento militare» a un duplice fine: evitare scontri per errore e impedire che armi russe possano finire ai «nostri nemici» Iran ed Hezbollah.
«Ci siamo intesi a livello personale e politico - sottolinea il premier - grazie a reciproco rispetto e trasparenza». Putin risponde all’unisono: «Questo è ciò che sarà, non dovete avere dubbi in merito, la Russia agirà in maniera responsabile in Medio Oriente». E sul rischio che la Siria consegni all’Iran armi russe aggiunge: «Il nostro intento è difendere la Siria e la Siria non è in grado di aprire un altro fronte». Ovvero: garantiamo noi. Putin va oltre e sottolinea il legame con lo Stato ebraico «dove risiedono ex cittadini sovietici con implicazioni particolari nei nostri rapporti». «Siamo al corrente degli attacchi di artiglieria contro Israele e li condanniamo perché minacciano anche dei russi».
L’accento di Netanyahu sulla sicurezza e quello di Putin sul legame etnico con Israele - riferendosi alla protezione dei russi come fa quando parla di Crimea e Ucraina - spiega perché Zvi Magen, ex ambasciatore israeliano a Mosca ed ex ufficiale dell’intelligence, commenta: «Dietro l’accordo tecnico c’è molto di più, è l’inizio di un percorso con comuni interessi».
Il nervosismo dell’America
D’altra parte Netanyahu ha portato con sè Gadi Eisenkot, capo di Stato Maggiore, e Herzl HaLevi, comandante dell’intelligence militare, che hanno esaminato con Putin il teatro tattico siriano. «Israele ha illustrato il timore che i propri aerei vengano intercettati, anche solo per errore dall’antiaerea russa - spiega Ron Ben Ishai, esperto di strategia - e il rischio che gli anti-aerei Pantsir-S1 forniti alla Siria finiscano ad Iran ed Hezbollah». Proprio un Pantsir-S1, forse operato da russi, ha abbattuto sui cieli siriani un Phantom turco. Eisenkot e HaLevi hanno in particolare illustrato a Putin le operazioni di Hezbollah sul Golan considerate «una minaccia».
È stato questo confronto, senza precedenti, fra leader politici e militari dei due Paesi, attorno a un tavolo coperto di mappe, a creare l’intesa che partorirà un «protocollo d’azione», ovvero una «linea rossa» sulle operazioni in Siria. Per Putin significa sommare il sostegno ad Assad e l’alleanza con l’Iran a un patto con Israele che lo trasforma nel possibile protagonista dei nuovi equilibri capaci di ridisegnare la regione. Per Netanyahu implica un posizionamento che allerta la Casa Bianca, dove andrà a novembre. Il nervosismo Usa trova conferma nell’annuncio sui «droni russi in Siria» mentre il colloquio del Cremlino era in corso. Per questo il premier invia segnali rassicuranti a Obama: «Gli Usa restano il nostro partner più importante, li ho aggiornati nel dettaglio su questa missione». Ma Efraim HaLevi, ex capo del Mossad, guarda ben oltre: «Russia e Israele sanno che Iran e Hezbollah non sono in grado, da soli, di salvare Assad». Dunque il patto con Netanyahu è il secondo tassello del mosaico di Putin - dopo l’intervento a Latakia - per creare stabilità alla regione, riassegnando alla Russia il ruolo perduto nel 1991 con la sconfitta di Saddam.