martedì 22 settembre 2015

Corriere 22.9.15
Putin rassicura Israele sulla Siria e invia 28 caccia


I primi elicotteri da trasporto e i primi 28 caccia Sukhoi Su-27 erano appena atterrati all’aeroporto della città di Latakia, nel nord ovest della Siria, ieri, quando il premier israeliano Netanyahu si è presentato a Mosca con i suoi generali, per discutere con il suo omologo, Putin, il mosaico militare che si profila ai confini settentrionali del Paese, tra Siria e Libano. L’accordo è stato suggellato dopo due ore e mezza di trattativa: Israele potrà continuare le operazioni anti-terrorismo contro gli Hezbollah e contro il rifornimento di armi assicurato dagli iraniani agli sciiti libanesi, e non interferirà in cambio con le manovre russe contro l’Isis e gli altri ribelli, in difesa di fatto del regime siriano di Assad. Il tutto con l’implicita benedizione della Casa Bianca, informata da Netanyahu sul vertice, per dovere di «trasparenza» nell’imperitura amicizia con Washington. Il premier israeliano non ha nascosto a Putin il nervosismo di fronte al dispiegamento di uomini (la Cia ne ha contati oltre un migliaio) e mezzi sofisticati inviati da Mosca. Il timore è che, prima o poi, quelle stesse armi possano finire nelle mani degli hezbollah o dei siriani, e girate contro Israele. Ad agitare le notti dei comandanti di Tsahal è anche la prospettiva di incidenti da «fuoco amico» (o quasi amico), e di qualche improvvido, ma non impossibile, duello nei cieli del Golan tra i piloti russi e israeliani. Putin ha rassicurato Netanyahu: non coprirà interventi iraniani o siriani a discapito della sicurezza di Israele. Con il quale manterrà uno stretto coordinamento. «La Russia agirà in Medio Oriente in modo responsabile» ha promesso, aggiungendo che nello Stato ebraico vivono molti cittadini russi, o ex cittadini sovietici, ora naturalizzati israeliani, ai quali non vorrebbe mai nuocere. E in ogni caso, secondo Putin, Assad non sarebbe in grado in questo momento di aprire un fronte con gli israeliani. L’accordo militare cerca di consolidare un equilibrio molto fragile e del quale si è fatto responsabile e gerente Putin, in virtù non solo del detto «patti chiari, amicizia lunga», ma anche di un’evidente mira espansionistica nella regione. Affinché neanche Israele, ormai, possa più fare i conti senza di lui.