Repubblica 21.9.15
Da Atene a Roma la via dei plebisciti
di Stefano Folli
Accantonata la sfida all’Europa, la nuova vittoria di Syriza non inquieta i mercati.
E NON mobilita più di tanto l’attenzione internazionale. Nemmeno quella dei greci, per la verità, visto che ha votato poco più del 50 per cento. Eppure il risultato insegna qualcosa di interessante alla sinistra continentale, specie nei Paesi del Sud.
In primo luogo c’è il fatto che Tsipras era riuscito a imporsi nelle prime elezioni con una certa piattaforma (contestazione radicale all’Unione filo-tedesca) mentre le seconde, ieri sera, le ha portate a casa con una linea opposta (pieno assenso all’austerità, comprese le riforme chieste da Bruxelles, e firma del memorandum). Nel mezzo si è svolto il celebre referendum con il quale il capo del governo ha raccolto una valanga di voti a sostegno della posizione anti-europea originale, giusto pochi giorni prima di capovolgerla e di lasciarla in esclusiva al solo Varoufakis e a un segmento minoritario del partito.
Nonostante le giravolte e le contraddizioni, Tsipras esce dunque vincitore da questo minuetto. Il che significa esser riuscito a trasformare il carosello elettorale in un plebiscito su se stesso. Se i greci la prima volta avevano votato una speranza e nel referendum avevano inseguito un’illusione, ieri si sono espressi con disincanto e rassegnazione a favore dell’uomo. Come dire: se non c’è alternativa a questa Europa, meglio che il governo sia affidato al giovane Tsipras piuttosto che a un esponente della vecchia classe politica. Costui seguirebbe nell’Unione la stessa linea di Syriza, ma senza il dinamismo e nemmeno la spregiudicatezza dimostrata dall’ex premier. Il quale ora metterà a punto una coalizione, la stessa di prima o un’altra allargata, ma restando saldamente il perno del sistema. Pragmatismo è la parola chiave. Tsipras ha organizzato con cura questo plebiscito personale in cui la coerenza era il dettaglio meno rilevante dopo la firma del memorandum. Tanto è vero che i contestatori fuoriusciti da Syriza per inseguire il programma originario sono stati puniti dall’elettorato nel modo più impietoso: hanno raccolto le briciole e ha fallito l’ingresso in Parlamento.
Non è difficile scorgere alcune analogie con il centrosinistra italiano. Come Tsipras, anche Renzi sta costruendo le condizioni del plebiscito su di sé. Il greco ci é riuscito perché ha messo fuori gioco gli antagonisti: o troppo legati al passato ovvero poco credibili e confusionari. È quello che sta facendo Renzi su questa sponda del Mediterraneo. Non c’è stato in Italia il dramma economico e sociale che ha scosso la Grecia, ma la riforma del Senato è servita da spartiacque per dividere gli innovatori dai conservatori, soprattutto all’interno del Pd, e per bollare come populisti inaffidabili gli oppositori grillini e leghisti. Quanto all’Europa, gli slogan sulla discontinuità e il “cambiare verso” si sono accompagnati nella pratica a una politica realista verso l’Unione, nel tentativo di strappare qualche margine di flessibilità nei conti pubblici in cambio delle riforme promesse o realizzate.
Tsipras ha ottenuto il suo successo personale con uno slalom astuto fra l’ideologia e la prassi. Renzi persegue lo stesso obiettivo attraverso il referendum confermativo che chiuderà il percorso della riforma costituzionale. La sostanza dell’azione di governo è adattabile alle circostanze e alle opportunità: quel che conta, in Grecia come in Italia, è dimostrare l’inconsistenza degli avversari. E infatti il fallimento dei fuoriusciti da Syriza indica che c’è poco spazio a sinistra della forza dominante, anche se tale forza si è allontanata dai vecchi principi e si rimodella ogni giorno. Lo spezzone della sinistra del Pd (Fassina e altri) che ha guardato con slancio a Tsipras prima maniera oggi si trova del tutto spiazzata. A meno che non faccia come Vendola il quale plaude alla vittoria di Syriza nonostante il capovolgimento delle posizioni.
Si può pensare quindi che il futuro della sinistra sia solo nel pragmatismo e nella capacità di costruire un potere personale. Ma forse è troppo presto per dirlo. Di certo anche gli spagnoli di Podemos hanno annacquato la loro spinta anti-Berlino e non a caso il loro leader era a fianco di Tsipras ad Atene. A conferma della totale incapacità della sinistra vecchia o nuova di costruire un’alternativa visionaria, di idee e di strategie, all’Europa di Angela Merkel.