mercoledì 16 settembre 2015

Repubblica 16.9.15
Ma Matteo cerca ancora un’intesa che divida i ribelli
“Meglio evitare i voti di FI” Doppia sfida all’ex pm
I 28 dissidenti dem continuano a essere compatti, solo 5-6 moderati pronti a cedere “Hanno provato a fare ammuina e allora il governo ha chiamato il banco”, dice il premier
di Goffredo De Marchis


ROMA Due strappi, con la minoranza e con Piero Grasso, costringono Renzi a mettere da parte l’ottimismo sulla riforma e a tenere bene i conti del Senato. «Sono sempre convinto che i numeri ci siano. Non corro rischi. Ma conta anche la qualità di questi numeri». Un conto è approvare la nuova Costituzione conquistando alla causa senatori sparsi tra i gruppi mentre si consuma la ferita di una rottura con la sinistra del Pd. Un altro è portare dalla propria parte almeno un gruppo forte di dissidenti e farla passare col voto sostanzialmente di tutto il Partito democratico. «Per dire, Berlusconi ci fa sapere che vorrebbe trovare un nuovo accordo. Ma io non sono molto convinto che sia la strada giusta».
L’altra partita è quella col presidente del Senato e l’accelerazione decisa ieri punta proprio all’ex magistrato. Il governo vuole una risposta in tempi certi sugli emendamenti all’articolo 2. Se Grasso li esclude la trattativa dentro il Pd può sbloccarsi. Perché, osserva il capogruppo al Senato Luigi Zanda, «il problema alla fine è in quale punto della riforma inserire un accordo che esiste già, sul listino dei senatori-consiglieri designati dai cittadini». Quando Grasso escluderà gli emendamenti all’articolo 2 (se sarà questa la sua decisione) il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi metterà nero su bianco il lodo sul listino e per i 28 senatori ribelli diventerà più difficile giustificare la lotta per l’articolo 2 sull’elettività. Il pressing di Palazzo Chigi su Grasso irrita il presidente del Senato, ma ormai è vicino il momento della sua scelta visto che la conferenza dei capigruppo dovrebbe oggi votare il passaggio in aula della riforma senza il passaggio dalla commissione. «Hanno provato a fare ammuina e allora il governo ha chiamato il banco», è la versione di Renzi confidata ai suoi collaboratori. Di questa «melina» il premier individua i responsabili nella sinistra interna, che ieri ha fatto saltare il tavolo dem sulle riforme, e la presidenza del Senato. «Non ho nessuna intenzione di rompere, ma ai temporeggiatori che vorrebbero uccidere silenziosamente la riforma ricordo che la doppia conforme è chiara», dice Renzi. Un modo per confermare il no a cambiamenti dell’articolo 2. «E sul resto si tratta», ripetono a Palazzo Chigi.
Comunque ieri è partita l’offensiva del governo secondo una strategia elaborata in una riunione della mattina con Renzi, Boschi, Zanda e Anna Finocchiaro. La presidente della commissione Affari costituzionali ha fatto il primo passo blindando gli articoli 1 e 2 nel momento in cui ha elencato i criteri per presentare le modifiche. E’ stato un altro segnale della doppia sfida a Grasso (possono assumere due atteggiamenti diversi una presidente di commissione e il presidente dell’aula?) e alla sinistra Pd. Ma se l’offensiva aveva anche l’obiettivo di spaventare i dissidenti, non ha funzionato, almeno per ora.
I 28 senatori continuano a essere compatti, non manifestano cedimenti particolari e il governo può lavorare al massimo su 5-6 “moderati”. Qualche voce interessata della minoranza fa sapere che da Palazzo Chigi arrivano anche offerte per il governo o per le presidenze di commissione che vanno rinnovate, a Palazzo Madama, entro la fine del mese. A sentire gli irriducibili però la battaglia dovrà avere un vincitore un vinto, ovvero sarà senza cedimenti. Anche se Grasso negasse nuove votazioni sull’articolo 2, rimane l’arma del voto finale sull’articolo «e si vota anche sulle garanzie, su altri parti del testo », minaccia uno dei senatori ribelli. I conti li fanno anche i nemici della riforma. Raccontano che, a prescindere da un vero accordo con Berlusconi, il governo abbia in tasca i voti di 4 parlamentari di Forza Italia e la garanzia di altri 10 che restano a casa nei momenti chiave. Ma nemmeno questo basta alla maggioranza. La riforma non è in sicurezza se è vero che 10-12 senatori di Ncd (che ne ha ben 35) sono pronti allo sgambetto. Pesano persino alcune autorizzazioni a procedere. Oggi si dovrebbe discutere quella contro Calderoli per le offese a Cecile Kienge, ma slitterà. Più siginificativi sono i tempi della discussione della richiesta di arresti domiciliari del Ncd Giovanni Bilardi. Potrebbe essere rinviata in attesa di vedere come si muoverà il Nuovocentrodestra sulla riforma. Ma le manovre tattiche intorno alla Costituzione lasciano capire come solo la scelta di Grasso sia davvero in grado di mettere al riparo il governo assicurando l’approvazione del testo entro il 15 ottobre, come ha indicato Renzi. A Palazzo Chigi sono convinti che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sia dalla parte loro. Al Quirinale, però, spiegano che lo stile di Mattarella impedisce qualsiasi tipo di pressione su altre cariche istituzionali. E Renzi sa bene anche questo.