mercoledì 16 settembre 2015

Corriere 16.9.15
Senato, è rottura. Renzi porta il testo in Aula
La minoranza con Lo Moro lascia il tavolo della trattativa. Finocchiaro: modifiche all’articolo 2 inammissibili Il premier accelera: basta fare «ammuina», vogliono uccidere la riforma. E Grasso fa trapelare il suo fastidio
di Monica Guerzoni


ROMA Matteo Renzi si è messo a correre verso il traguardo della riforma costituzionale e, a costo di far saltare il banco, ha deciso di portare il ddl Boschi direttamente in Aula, saltando il passaggio della commissione Affari costituzionali per andare subito alla conta: «Basta fare ammuina». Il premier ha fissato la data dell’approvazione al 15 ottobre e non intende tornare indietro, anche se in gioco c’è la vita del suo governo. «Ho i numeri, ma non voglio rompere — è la linea del premier — Però ai temporeggiatori, che vorrebbero uccidere silenziosamente la riforma, ricordo che la doppia lettura conforme è chiara». Nessuna retromarcia dunque, indietro non si torna.
Palazzo Chigi, dopo un vertice con i capigruppo all’ora del breakfast, ha scatenato l’artiglieria pesante su Palazzo Madama. Ha sentito Schifani e si è convinto che Ncd non si sfilerà, poi ha parlato con il capogruppo delle Autonomie Karl Zeller, una quindicina di voti preziosi. Quindi, convinto di avere i numeri, Renzi ha sfidato Pietro Grasso e innescato un incidente diplomatico con la presidenza del Senato, che ha fatto trapelare di non poterne più del pressing e ha mollato di botto un convegno alla Camera: «Si è creata una situazione di emergenza».
I vertici del Pd, attraverso Luigi Zanda, hanno chiesto a Grasso di convocare la riunione dei capigruppo, per fissare il termine della presentazione degli emendamenti e contingentare il dibattito. Scavalcato dal Pd, Grasso ha lasciato filtrare tutto il suo fastidio: «Finché resta in vigore questo Regolamento, a convocare la Conferenza dei capigruppo dovrà essere solo il presidente del Senato e non altri». Il che è poi avvenuto secondo le procedure: si terrà oggi alle 15.
Ai piani alti di Palazzo Madama non hanno gradito alcune considerazioni lasciate filtrare dai renziani, secondo cui lo stop agli emendamenti da parte della presidente della commissione Affari costituzionali, Anna Finocchiaro, sia stato ordito col preciso intento di «stanare Grasso», creando un precedente del quale il presidente faticherà a non tenere conto. Tanto più che la Finocchiaro avrebbe trascurato di informarlo che «la sorpresa» era in arrivo. Da qui la «grande preoccupazione» che la seconda carica dello Stato ha confidato ai collaboratori.
La giornata è da brivido e inizia alle 12, quando Chiti, Gotor, Migliavacca e Fornaro riuniscono la minoranza Pd a Palazzo Cenci. «Tutti compatti» è il grido di battaglia dei dissidenti, spiazzati da un governo che alterna aperture al tavolo «bicamerale» del Pd, per bocca della Boschi, a energiche chiusure da parte di Renzi. All’ora di pranzo, lo strappo. La capogruppo Doris Lo Moro, emissaria dei bersaniani, abbandona il tavolo in accordo con i 28 dissidenti: «Siamo su un binario morto, se l’articolo 2 non si può toccare è inutile discutere». Voterete la riforma? «Non credo».
La tregua salta, l’intesa si allontana e la Boschi fa buon viso a cattivo gioco: «Dispiace per chi lascia il tavolo, noi continuiamo a lavorare per l’accordo». Avanti con i voti di Verdini? «L’ha già votata una volta e può rivotarla». Il governo è dunque pronto a sostituire i dissidenti pd con i transfughi di Forza Italia? Bersani non ci sta: «Noi siamo leali, è assurdo cercare i voti di Verdini. Nessuna scissione, ma capirei chi votasse contro». La scena seguente è ambientata in commissione Affari costituzionali, dove Anna Finocchiaro, con due giorni di anticipo, dichiara inammissibili gli emendamenti al controverso articolo 2, sul Senato elettivo. Le opposizioni protestano. Per Gotor «è una ulteriore forma di pressione su Grasso» e il leghista Calderoli chiede a Finocchiaro di convocare il Comitato ristretto «per uscire dalle secche».
Lo scontro tra governo e Grasso è plateale e Mario Mauro, alla buvette, dà voce ai malpancisti: «Dopo due Papi e due presidenti della Repubblica abbiamo anche due presidenti del Senato». La palla, o la mina, è nelle mani di Grasso. Toccherà a lui, quando la riforma arriverà in Aula, decidere se riaprire l’articolo 2 contro la volontà del governo e far votare gli emendamenti più pericolosi. Oppure allinearsi, seguendo a ruota la Finocchiaro. «Deciderò io quando sarà il momento — ripete Grasso — Basta pressioni». E intanto Quagliariello, coordinatore di un Ncd spaccato come una mela, raccoglie firme in calce al ddl che introduce il premio di coalizione.