lunedì 14 settembre 2015

Repubblica 14.9.15
Il politologo francese Yves Meny, presidente del cda della Scuola Sant’anna di Pisa
“Una crisi ideologica dietro al trionfo delle sinistre radicali”
“Stavolta sorprende che la rivolta avvenga all’interno di un partito tradizionale. Il risultato sarà una maggiore spaccatura tra militanti e simpatizzanti”
intervista di Anais Ginori


PARIGI. «È una svolta popolare, non del tutto populista». Così Yves Meny, politologo e presidente del Consiglio di amministrazione della Scuola Sant’Anna di Pisa, definisce la vittoria di Jeremy Corbyn alla guida del partito laburista.
Corbyn è un populismo di sinistra?
«Incarna una sinistra radicale che gode di una ritrovata popolarità visto il contesto sociale ed economico. Non è un fenomeno nuovo. L’austerità e la deregulation del mercato del lavoro è molto più forte in Gran Bretagna che in molti altri paesi europei. A differenza di quello che è avvenuto nell’Europa continentale, con la nascita di movimenti come Syriza o Podemos, in questo caso però la rivolta avviene all’interno di un partito antico e tradizionale. E questo in effetti è il dato più sorprendente ».
Quali conseguenze ci saranno?
«Il risultato di questa vittoria provocherà una maggiore distanza tra militanti e simpatizzanti. È una spaccatura nel Labour destinata ad aumentare, come del resto avviene già nel partito socialista in Francia e nel Pd di Matteo Renzi. Le varie situazioni hanno una causa comune».
Ovvero?
«Le primarie enfatizzano la crisi ideologica che attraversa la sinistra. Storicamente, questo sistema elettivo è nato negli Stati Uniti per contrastare i movimenti populisti di fine Ottocento. Negli ultimi tempi, i partiti europei, soprattutto di sinistra, hanno introdotto consultazioni popolari nel tentativo di risolvere la loro crisi di legittimità. Tuttavia, il risultato è stato spesso l’opposto».
Perché la ricerca di una leadership è così difficile?
«La crisi ideologica in corso è destinata a durare ancora a lungo. Purtroppo la sinistra europea, in tutte le sue varianti, non è riuscita a elaborare una dottrina, un insieme di valori, che possa ridare una visione e un respiro, convogliando le sue diverse anime. Ci si concentra sui leader, ma non c’è riflessione su una dottrina. La sinistra è ancora spiazzata dalla globalizzazione che colpisce uno dei suoi fondamenti: il Welfare State. Lo Stato sociale è per forza nazionale ».
La vittoria di Corbyn segna anche la distanza rispetto a una sinistra di governo?
«Le proposte della sinistra oscillano tra una politica vagamente liberale e ricette logore. Il programma di Corbyn assomiglia a quello del Labour degli anni Settanta. Non è poi così nuovo né rivoluzionario. L’unica cosa interessante sarà che potrà riconquistare voti del Scottish National Party, finora molto più a sinistra del Labour. Per David Cameron, invece, è piuttosto una buona notizia. Corbyn è l’avversario ideale».
Il Labour di Tony Blair ha ispirato la sinistra altrove in Europa. Accadrà lo stesso con “Jez”?
«Restano forti differenze all’interno delle varie sinistre nazionali. Lo abbiamo visto con Tsipras che ha suscitato speranze in tanti paesi, fino alla doccia fredda del suo accordo con Bruxelles. La sinistra più radicale soffre di irrealismo, e avanza divisa in molti paesi. Corbyn è nuovo perché ha preso il potere dentro al Labour, mentre Syriza e Podemos sono stati creati dal nulla, quasi più come movimenti che come partiti».