domenica 13 settembre 2015

Repubblica 13.9.15
La rimonta dell’alternativo dato 200 a 1
Ha avuto simpatie per l’Ira, oggi negozierebbe con Hamas e gli Hezbollah e vorrebbe Blair alla sbarra per la guerra in Iraq
Tre mogli, vegetariamo e astemio. Ha il record dei più bassi rimborsi spese in tutta la Camera dei Comuni
Non possiede un’auto e gira sempre in bici
di Enrico Franceschini


LONDRA «Aprite i vostri cuori e le vostre menti a chi soffre». In piedi sul palco di Trafalgar Square, fra giovani che esortano ad accogliere profughi, Jeremy Corbyn pronuncia il suo primo discorso pubblico da leader del partito laburista. Con la barbetta e gli occhialini, senza cravatta, la giacca spiegazzata, sembra lo stereotipo dell’intellettuale di sinistra. Il
Guardian , che della sinistra britannica è l’organo ufficioso, ha messo ieri in prima pagina una foto che lo ritrae in scarpe da ginnastica, calzini neri, pantaloncini al ginocchio e maglietta a righe: se Tony Blair era un leader diretto da abili spin master , Corbyn è l’ anti- spin , l’uomo che rifugge esperti di media e marketing. È anche grazie a quest’immagine di politico diverso, non plastificato, che ha trionfato nelle primarie del Labour.
È stato un viaggio inaspettato. Quando l’anno scorso decise di candidarsi alla leadership del partito, i bookmaker lo davano 200 a 1. Servivano i voti di almeno 35 deputati per permettergli di scendere in pista: quelli che gli offrirono sostegno lo fecero solo per ampliare il dibattito, pur dissentendo dalle sue idee, convinti che non avesse chance. Lui stesso ci credeva poco: «Ho 66 anni, sono deputato da 32, non penso di avere ancora una lunga vita politica davanti a me», confidava. «È solo l’ultima chance di far sentire la mia voce ». E la sua voce è radicalmente diversa da quella che il Labour ha fatto sentire negli ultimi vent’anni.
Corbyn è favorevole a rinazionalizzare ferrovie ed energia. Vuole alzare le tasse, soprattutto ai ricchi. È contrario all’austerità. Aveva in passato simpatia per l’Ira, l’esercito clandestino indipendentista in Irlanda del Nord, oggi afferma che negozierebbe con Hamas e con gli Hezbollah. Afferma che la guerra in Iraq era una guerra «illegale» e che Blair potrebbe essere processato per questo. È anti- americano al punto da non escludere alleanze con la Russia e l’uscita della Gran Bretagna dalla Nato. Non gli piace tutto nemmeno nell’Unione Europea, tanto che Nigel Farage, leader dell’Ukip, il partito populista anti- europeo, gli tende la mano e lo invita a unirsi a lui nel lottare per il no alle Ue nel referendum che si farà entro il 2017.
David Cameron ha già detto che Corbyn rappresenta “un pericolo” per la Gran Bretagna, perché è contrario all’uso dei droni per eliminare terroristi e jihadisti. I media di destra lo ridicolizzano sostenendo che ha divorziato dalla seconda moglie perché lei voleva mandare uno dei loro figli alle scuole private — lui insisteva per quelle statali. Di mogli ne ha avute tre, con l’ultima, una messicana, è ancora sposato. Non ha la macchina, preferisce andare in bicicletta: «Anche per non inquinare ». È vegetariano e pure astemio, una rarità fra i politici inglesi (e in generale fra gli inglesi). In Parlamento ha un record: i più bassi rimborsi spese di tutta la camera dei Comuni. «Mi serve poco per vivere», spiega. Dal punto di vista politico come sul piano personale può apparire eccentrico, eppure Liz Ken- dall, blairiana di ferro e sua avversaria nelle primarie, ne mette in rilievo i pregi: «È un abile oratore, sa entusiasmare la gente e ha il merito di avere aperto il dibattito sull’identità del Labour, sui valori di un partito di sinistra nel 21esimo secolo, come non facevamo più da vent’anni». Cioè da quando Blair diventò leader e abolì dal programma laburista la clausola di sapore marxista sul possesso pubblico dei mezzi di produzione. Corbyn non parla di ripristinarla, ma considera Karl Marx «un personaggio affascinante».
La maggioranza dei commentatori lo paragona a Michael Foot, leader laburista molto di sinistra, travolto dalla Thatcher nelle elezioni del 1983. Ma Philip Stephens, editorialista del Financial Times , osserva che il suo successo è «merito dei banchieri» e della sperequazione sociale che oggi rappresentano. Sottovalutarlo può essere rischioso: e se fosse una versione britannica di Alexis Tsipras? Di certo c’è che a Londra è già partita la “Corbynmania”: l’ Evening Standard scrive che c’è la corsa ad avere la barbetta come lui. Jeremy Corbin cominciò a farsela crescere a 19 anni, quando viveva in Giamaica e, come lui stesso ha raccontato, era soprannominato Mister Barba, per avere vinto il premio di “barba dell’anno” indetto da un sedicente Fronte di Liberazione della Barba.