venerdì 11 settembre 2015

Repubblica 11.9.15
Quei fossili pieni di mistero si riveleranno una Stele di Rosetta
di Marco Cattaneo


LA scoperta è di quelle da togliere il fiato, per chi è abituato a navigare nella comunità dei paleoantropologi. Capaci di dibattere fino allo sfinimento intorno a una falange o a un microscopico pezzetto di mandibola, si sono trovati sotto il naso un tesoro di valore inestimabile. E tutto in una volta: oltre 1500 tra ossa e denti appartenenti a 15 individui diversi sono un evento senza precedenti nella storia dello studio dell’evoluzione umana. E a partire da questa immane messe di fossili e dai molti misteri che li circondano ci sarà materia di studio per molti anni a venire.
Tanto per cominciare c’è la questione della datazione. I sedimenti della grotta in cui è stato trovato Homo naledi non sono stratificati, e questo rende complessa la datazione dei resti. Soprattutto perché la nuova specie presenta caratteri sia primitivi, a cominciare dalle dimensioni del cervello, sia caratteri moderni, soprattutto negli arti inferiori.
Così al momento si possono fare solo ipotesi. La più accreditata, proprio per le caratteristiche promiscue di H. naledi, è che si collochi tra 2,5 e 2 milioni di ani fa, tra le prime specie del genere Homo.
Ma potrebbe anche risalire a 3-4 milioni di anni fa, scalzando Lucy, l’australopiteco scoperto negli anni settanta in Etiopia da Donald Johanson, dalla lista dei nostri diretti antenati. Oppure potrebbe essere molto più recente, degli ultimi 500.000 anni, e avere convissuto con la nostra specie fino a poco tempo fa. Un po’ come i Neanderthal e l’uomo di Flores, con tutte le differenze del caso.
Tutte queste incertezze hanno contribuito a ritardare la pubblicazione della scoperta, come racconta Jamie Shreeve su National Geographic di ottobre. E finché Berger non troverà un modo per attribuire un’età ai suoi fossili c’è da scommettere che ci sarà grande fermento intorno a questo nostro bizzarro parente.
Ma c’è un interrogativo forse ancora più interessante. Come ci sono arrivati fin lì quei resti? La grotta dove sono stati scoperti è praticamente inaccessibile, e forse in passato c’era un’altra entrata, che finora i ricercatori non hanno individuato. Di sicuro non sono stati lasciati da carnivori, perché le ossa non recano segni di denti. E probabilmente non sono stati portati dall’acqua, che avrebbe depositato anche altri sedimenti. Ma difficilmente un essere dal cervello così piccolo, riconosce lo stesso Berger, poteva mettere in atto un comportamento così complesso come liberarsi deliberatamente dei corpi, magari facendo uso addirittura del fuoco per raggiungere un luogo buio e impervio. Ancora più arduo ipotizzare che fosse una forma di cura dei defunti: le prime sepolture umane conosciute risalgono a circa 100.000 anni fa, e forse, oltre a noi, le praticavano solo i Neanderthal.
Insomma, come spesso accade con le scoperte di questa portata, per il momento i fossili di Rising Star offrono più domande che risposte. Ma negli anni a venire potrebbero diventare una specie di stele di Rosetta della nostra evoluzione.