giovedì 10 settembre 2015

Repubblica 10.9.15
György Konrád “Ma le frontiere vanno mantenute”
Lo scrittore dissidente difende a sorpresa le idee di Orbán
intervista di Andrea Tarquini


BUDAPEST «Viktor Orbán attua una pericolosa politica autoritaria, svuota la democrazia, distrugge la separazione dei poteri essenza dello Stato di diritto. Ma ciò non vuol dire che a volte non possa anche dire cose giute. La frontiera di Schengen va difesa meglio contro questo nuovi tsunami». A sorpresa è lui, l’insospettabile György Konrád, grande vecchio e coscienza critica della letteratura ungherese ( pubblicato in Italia da Keller), dissidente prima sotto i comunisti e ora sotto il governo nazionalconservatore di Budapest, a spezzare una lancia in favore del premier. Ascoltiamo le sue riflessioni amare nel modesto, accogliente appartamentino nel quartiere collinare dietro Buda.
Ma come, lei appoggia i toni pesanti, spesso xenofobi, di Orbán che tutta l’Europa condanna?
«Io dico che esistono problemi reali, e che specie la sinistra si è a lungo rivelata incapace di rifletterci sopra e trarne conclusioni».
Ma la maggioranza dei profughi sono siriani, perseguitati, qualificati, vittime di una guerra spietata… «Questa è una realtà, che però ci può far rischiare d’imboccare scelte frettolose e strade sbagliate. La signora Merkel ha parlato chiaro, e pur rischiando sul fronte interno con gli alleati conservatori bavaresi ha le sue ragioni. Ragioni d’interesse nazionale economico, sia chiaro: l’economia tedesca è fortissima, ha crescente bisogno di persone qualificate come quei migranti, e i tedeschi da anni fanno meno figli. Quindi senza migranti qualficati non saranno garantiti né il futuro della loro economia né l’avvenire della finanzi abilità del loro welfare, previdenza, sistema pensionistico ».
Non le pare un po’ riduttivo a fronte di chi fugge dalle stragi? Anche altri paesi europei, come dicono molti studi, senza migranti non avranno garanzia né di sviluppo né di previdenza sostenibile.
«Le situazioni sono diverse, da caso a caso. Noi ungheresi non abbiamo bisogno di medici e ingegneri qualificati siriani. Se la nostra economia cresce possiamo invitare a casa i molti cittadini d’origine ungherese dei paesi vicini».
Una fuga di cervelli contro paesi di cui gli ultrà ungheresi rivendicano territori?
«Io non rivendico territori, mi richiamo al valore costitutivo europeo della libertà di movimento nell’Unione. E anziché riflettere su questo caso specifico ungherese la Germania e l’Europa si affrettano a dipingere Orbán come il bullo di quartiere della situazione. Insisto, è un mio avversario politico, è un demagogo passato dal radicalismo liberalcontestatore al nazionalpopulismo, ma ciò non significa che dica solo stupidaggini».
Ma la marea umana dei fuggiaschi dalle guerre è una realtà, come affrontarla in altri modi che non i muri?
«Pensando a una strategia che tenga conto dell’offerta di migranti qualificati e dei nostri bisogni economici. Certo, va anche detto che il Muro di Orbán, la barriera metallica al confine serbo, si è rivelato un fallimento: comunque lo si voglia giudicare non serve, non è riuscito a fermare la tsunami. Eppure, trovare un’alternativa non è facile. L’immigrazione islamica ha comunque più valenze, è sia un arricchimento che un rischio e una sfida. E nel clima di tensione attuale, al tempo stesso, la delusione crescente dei migranti verso l’Europa promette solo reazioni negative. E poi nella sua richiesta di linea dura Orbán all’Est non è certo solo: basta ascoltare i discorsi del premier populista di sinistra slovacco Robert Fico, o dei politici cèchi, solo per fare due esempi. Chiunque fugge, anche dalla guerra, fugge cercando un futuro economico migliore».
Insisto, il Muro non vi evoca ricordi cupi, proprio a voi ex perseguitati dell’Est?
«Di Muri ne esistono ancora molti. Ma Muri costruiti come nel Sud degli States, o al confine israeliano, o spagnolo/ marocchino, o la dura politica australiana verso i migranti, vogliono impedire ingressi illegali. Anche moralmente è ben diverso dal Muro di Berlino che negava ai cittadini-sudditi della Ddr il diritto a ogni singolo passo fuori dai confini blindati del socialismo reale».