martedì 22 settembre 2015

La Stampa TuttoLibri 19.9.15
Non fu il popolo eletto di a mettere in croce Gesù
L’inchiesta di Augias sulle ultime ore di Cristo
Come e perché il “giovane profeta” fu condannato: il ruolo di Pilato, di Giuda, del re Erode e della folla
di Marco Malvaldi


Un classico, diceva Italo Calvino, è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire.
Avrei dovuto tenere a mente questa frase, quando mi sono accostato all’ultimo libro di Corrado Augias, invece di prenderlo in mano con un tantino di supponenza. Ad essere sincero, ho iniziato a leggere questo singolare romanzo solo per fiducia nei confronti dell’autore, ma non potendo fare a meno di chiedermi cosa mai si potesse dire di nuovo sull’ultimo giorno di vita, e nemmeno tutto intero, di Gesù Cristo.
Come spesso accade, la mia presunzione è stata spazzata via.
In questo romanzo, Corrado Augias riporta a beneficio del lettore una sorta di dialogo interno alla sua persona: un continuo alternarsi di documentazione storica e di fiction, ovvero quello che Cicerone chiamava «animo et cogitatione fingere», raffigurarsi nella mente e nel pensiero.
Nulla fa più impressione di scoprire un punto di vista nuovo o semplicemente sconosciuto su di una storia riguardo alla quale siamo convinti di sapere tutto. Per questo, alcuni dei punti di vista che Augias introduce sono, per me conoscitore inesperto delle sacre scritture, particolarmente suggestive. Accurata ed approfondita, anche se forse nota ai più preparati, la figura di Ponzio Pilato, patetico politicante di mezza tacca costretto dal Senato e dal suo principale superiore, il console di Siria Lucio Vitiello, in una provincia difficile ed ostile dove fare danno il più lontano possibile da Roma; meravigliosa l’appassionata, cinica e per lunghi tratti plausibile difesa di Caifa, il quale con una abilità retorica e politica da brividi tenta di giustificare l’arresto e le accuse contro Gesù Cristo come un estremo tentativo di salvargli la vita.
E, soprattutto, è da apprezzare l’abilità con cui Augias, senza apparente intenzione, costringe chi legge a ragionare, a confrontare continuamente i dati che gli vengono posti davanti con le proprie personali convinzioni. Due punti, in particolare, mi hanno colpito, nei quali mi sono trovato, forse, in disaccordo con l’autore. Dico forse, perché in entrambi i punti chi scrive ammette di non sapersi spiegare il perché di un determinato comportamento; ed è forte il sospetto che queste ammissioni siano in realtà degli espliciti pungoli a chi legge.
Comincia, Augias, con il chiedersi per quale motivo Giuda Iscariota abbia sentito il bisogno di segnalare, con uno dei baci più ambigui della storia, il Maestro a coloro che lo dovevano arrestare: Gesù il Nazareno, entrato trionfalmente in Gerusalemme pochissimo tempo prima, era noto infatti a tutta la popolazione, ed è estremamente poco plausibile che fosse ignoto a chi lo doveva arrestare, dato che «tutto il popolo lo conosceva». Se ne conclude, sostiene l’autore, che il gesto va interpretato in termini provvidenziali: a Giuda, discepolo prediletto di Gesù, è toccato in sorte l’ingrato compito di fare sì che la volontà del Signore si realizzi.
A me, abituato a tentare di spiegare senza fare ricorso alla spiritualità, viene in mente che l’espressione «tutto il popolo» è sempre ambigua, e che probabilmente Gesù era noto a molti in Gerusalemme come nome. Noto come persona, quindi, ma non come volto, specialmente al buio, ai soldati del tempio, i quali in fondo avevano avuto occasione di vederlo una volta sola, mentre urlava come un invasato rovesciando i tavoli dei cambiavalute.
Allo stesso modo, Augias apparentemente si interroga sulla inspiegabile bipolarità del popolo ebraico, il quale (tutto il popolo) acclama Gesù Cristo come re al suo ingresso e pochi giorni dopo (sempre tutto il popolo, nessuno escluso) ne reclama la crocifissione. Questa apparente contraddizione viene risolta dallo stesso autore con realismo, e non senza ironia: davanti al palazzo di Pilato, spiega, non sarebbero potuti entrare nemmeno gli abitanti della sola Gerusalemme, figurarsi tutto il popolo eletto...
Spesso, ci ricorda Augias, i tumulti di una parte sufficientemente rumorosa della popolazione vengono presi come unanime volontà del popolo stesso.
Succedeva in Giudea, succede ancora oggi, e continuerà a succedere ancora. E succederà ancora che le persone, credenti o atei come me, si interroghino su Gesù, sulla sua vita e sulla sua morte, ricevendone molto più quello che già credono di sapere.