martedì 8 settembre 2015

La Stampa 8.9.15
A Berlino niente dubbi sull’accoglienza
Da noi si resta un passo indietro
Mentre a Roma si continua a litigare, i tedeschi agiscono
di Francesca Sforza


entrando in un campo rifugiati tedesco la situazione non è molto diversa da quella italiana: c’è caos, ci sono rifiuti che si ammucchiano, il cibo non è un granché, capita che i bagni si intasino. In questi ultimi giorni, tra l’altro, l’ondata emotiva e il ritrovato orgoglio nazionale hanno fatto sì che fuori dai campi tedeschi si affollassero masse di volontari, creando più confusione che altro. Le contromisure sono già scattate: in tutti i siti di informazione si invitano i cittadini a evitare di raccattare i peluches di casa o le cassette di cibo in scatola e si è avviata una migliore organizzazione delle donazioni. Ad Amburgo servono ricariche di cellulari, a Erlangen pannolini, a Lipsia insegnanti di tedesco: ogni amministrazione locale si preoccupa di inserire nel suo sito le informazioni relative alle esigenze di questo o quel campo di migranti, e c’è da scommettere che in meno di una settimana quell’onda scomposta si sarà trasformata in una serie di canali di irrigazione capaci di portare acqua lì dove serve, senza sprechi, e senza chiasso.
Il dibattito politico
Ma la straordinaria mobilitazione dal basso che in queste ore fa della Germania uno dei motivi di maggiore orgoglio dell’essere europei, non ha nulla a che fare con lo spontaneismo che in altre e più cupe epoche storiche faceva dire, a proposito del nostro Paese, «italiani brava gente». Perché non è una questione di cuore, ma di cervello e di politica. E la grande differenza tra noi e loro, questa volta, è proprio nel dibattito politico: mentre da noi si sta ancora a discutere se i migranti vadano accolti o respinti, in Germania si parla soltanto di come accogliere, di come strutturare gli aiuti, di come ripartire le difficoltà. Non c’è stato un solo politico con responsabilità federali che si sia discostato da questa linea.
Angela Merkel lo ripete spesso: «Cambiare le cose non dipende dalla volontà, ma dall’interesse». E non è nell’interesse dei politici tedeschi perdere voti mettendosi a sparare a zero sui migranti, così come non è nell’interesse dell’economia tedesca lasciarsi sfuggire l’opportunità di una gigantesca forza lavoro da formare e gestire (lo hanno già fatto nel dopoguerra, con gli italiani e i turchi, e ha funzionato).
Il super stanziamento
Dopo l’annuncio del super stanziamento di sei miliardi, talk show, siti e gruppi di discussione hanno sezionato il piano in ogni paragrafo: era meglio aumentare o diminuire il numero di poliziotti da assumere? Era meglio stanziare di più o di meno per questo o quel Land? Si entrerà nel merito - con la fatica e la capacità di concentrazione che la cosa esige - ma non ci si sfinirà a dibattere se i migranti debbano essere rimandati a casa o no. Questo è il motivo per cui essere migrante in un campo tedesco significa avere speranza, e esserlo in uno italiano significa avere paura.