sabato 5 settembre 2015

La Stampa 5.9.15
l nido comunale è una lotteria
Riesce a entrare solo un bimbo su 8
Dossier di CittadinanzAttiva: in tre regioni la retta supera i 400 euro
Un bambino su cinque resta in attesa di entrare in un nido pubblico, gli altri devono per forza andare in un asilo privato
di Gia Gal.


In Italia meno del 12% dei bambini riescono ad ottenere un posto all’asilo nido comunale. Un dato-choc che aiuta a capire perché da anni gli italiani siano in fondo alle classifiche mondiali per nascite. Difficile fare figli quando non si sa poi dove lasciarli.
Costi alti per pochi posti
Un posto all’asilo nido comunale costa in media 311 euro al mese e le rette incidono per il 12% sulla spesa mensile di una famiglia. I conti più salati toccano ai genitori della Valle d’Aosta (440 euro al mese), la retta più economica invece la si paga in Calabria (164 euro), regione che però, rispetto nell’ultimo anno, ha registrato l’incremento più consistente (+18%) rispetto al livello nazionale. Fra i capoluoghi di provincia, 14 hanno aumentato le rette: la crescita record si è registrata a Cosenza (+117,3%), quella minima a Trieste (+0,5%). Lecco è la città capoluogo più cara (515 euro), Catanzaro quella più economica (100 ). Una mappa.
A rendere noti i dati su costi, disponibilità di posti e lista di attesa negli asili nido comunali è l’Osservatorio nazionale prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva, che ogni anno fornisce un quadro nazionale delle spese sostenute dalle famiglie per servizi pubblici locali (asili nido, acqua, rifiuti, trasporti pubblici). Gli asili nido pubblici sono 3978, quelli privati 5372. La disponibilità dei posti è di 162.913 nelle strutture pubbliche e di 110.666 in quelle private. Complessivamente, su 273.579 posti disponibili, il 59% è offerto da strutture pubbliche. Il più elevato numero di nidi pubblici si trova in Emilia Romagna (619 strutture e 28.388 posti disponibili), segue la Lombardia (597 nidi e 25.145 posti) che conta anche il maggior numero di asili e posti privati (rispettivamente 1540 e 35.825). Nella top ten delle città più care, tra quelle che offrono il servizio a tempo pieno (9 ore al giorno), si confermano, rispetto al 2013/14, Lecco, Sondrio, Belluno, Cuneo, Alessandria, Imperia, Cremona, Trento e Aosta mentre Mantova subentra a Bolzano. Il dossier chiede «l’adeguamento alle esigenze, anche economiche, delle famiglie italiane del servizio educativo per la prima infanzia».
Serve «una maggiore flessibilità per i servizi, una revisione degli orari, un’offerta integrata con le molteplici ma disomogenee esperienze di welfare aziendale e di soluzioni alternative». Va ripensato «il modello di servizio per permettere di frequentare l’asilo a più bambini e a costi sostenibili». Un sogno.
Orario e organico ridotti
Usufruisce del servizio di asilo nido comunale meno del 12% dei bimbi fra 0 e 2 anni, il dato varia però dal 24,8% dell’Emilia Romagna al 2% della Campania. Inoltre, uno su cinque resta in attesa di un posto nel nido comunale, con punte del 67% in Basilicata e del 51% in Valle D’Aosta. Livelli molto diversi.
Disparità notevoli anche sulle ore di frequenza: l’87% dei capoluoghi garantisce il servizio a tempo pieno, mentre città come Potenza, Matera, Bari, Brindisi, Lecce, Cagliari, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa, Crotone garantiscono solo l’orario ridotto di sei ore.
Le città meno costose sono Catanzaro, Vibo Valentia, Roma, Trapani, Chieti, Campobasso, Venezia, Napoli, Salerno, Macerata, che subentra a Foggia. Complessivamente in Italia il 42% dei nidi sono pubblici e il 58% privati. Le percentuali per aree geografiche sono: Sud (46% pubblici e 54% privati), Centro (45% pubblici e 55% privati), Nord (40% pubblici e 60% privati). Ritardo storico rispetto a quanto richiesto dall’Ue col documento «Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale». Urge l’accesso a servizi di qualità a costo sostenibile.