La Stampa 5.9.15
Lo schiaffo dell’Inps ai sindacalisti
“Hanno pensioni più vantaggiose”
I dati dell’istituto: privilegiati rispetto al resto dei lavoratori
La difesa: per i sindacati i contributi in più servono a compensare i mancati progressi degli stipendi durante la carriera
di Paolo Baroni
Per i sindacati, che da settimane sono sotto schiaffo, basti pensare alle polemiche sui super-stipendi della Cisl o alla frana di iscritti della Cgil, si tratta di una «polpetta avvelenata». Uno «schiaffo» che il presidente dell’Inps ha voluto assestare a Cgil, Cisl e Uil. Magari solo per il fatto che le confederazioni hanno alzato un vero e proprio muro di fronte all’ipotesi di flessibilità in uscita (con relative penalizzazioni altissime, sostengono loro) ipotizzata per primo proprio da Tito Boeri ed ora entrata nell’agenda del governo.
Le «porte aperte» di Boeri
In realtà l’operazione «Inps a porte aperte» è cominciata da settimane ormai ed ha portato a galla tante altre piccole e grandi anomalie del nostro sistema previdenziale, sacche di privilegi al limite dello scandalo, da quello del fondo piloti Alitalia ai telefonici.
Questa volta, dunque, tocca ai sindacati. Che, spiega l’Inps nella sua nota, godono di«regole contributive e previdenziali diverse dagli altri lavoratori perché possono vedersi ugualmente versati i contributi (o addirittura lo stipendio) da enti terzi rispetto al sindacato presso cui prestano effettivamente il proprio lavoro e perché possono, prima di andare in pensione, farsi pagare dalle organizzazioni sindacali incrementi delle proprie pensioni a condizioni molto vantaggiose». Il risultato è che, a parità di regole per il calcolo gli assegni, le pensioni dei sindacalisti in questo modo sono più vantaggiose di quelle dei lavoratori dipendenti per effetto del cumulo della contribuzione figurativa con quella dell’impegno nei sindacati. I sindacalisti in aspettativa non retribuita o in distacco sindacale (aspettativa retribuita utilizzata nel settore pubblico) hanno infatti diritto nel periodo di assenza dal lavoro all’accreditamento dei contributi figurativi ma spesso hanno per lo stesso periodo versati anche contributi dal sindacato che, per i dipendenti del settore pubblico, vengono ancora valorizzati applicando le regole precedenti al 1993 che prevedono il calcolo della pensione sull’ultima retribuzione percepita. In pratica se anche a questa categoria venissero applicate le norme che valgono per tutti gli latri lavoratori gli assegni si ridurrebbero in maniera considerevole: in media del 27% con punte che possono arrivare anche al 66% nel caso di un pensionato che arriva a percepire 110 mila euro anzichè 40mila.
Paga la collettività
Non solo. L’Inps ci tiene a precisare che «per compensi non superiori alla retribuzione figurativa del lavoratore l’organizzazione sindacale non paga mai alcun contributo»: è tutto «a carico della gestione previdenziale di appartenenza», quindi della collettività dei lavoratori. E quindi fornisce la fotografia aggiornata al 2013 contando 2.773 lavoratori in aspettativa non retribuita nel settore privato e 748 nel pubblico oltre a 1.045 dipendenti in distacco.
Per la Cgil non c’è «nessun privilegio, applichiamo rigorosamente le leggi in vigore». Stizzita la reazione della Uil. Domenico Proietti parla di «valutazioni generiche e sommarie da far sospettare che l’intento sia quello di ingenerare discredito e non di fare chiarezza: grave che un Istituto come l’Inps diffonda notizie imprecise».