sabato 5 settembre 2015

La Stampa 5.9.15
Spunta l’idea di un listino “anti-Casta” per unire il Pd
di Carlo Bertini


Anche se gli uomini del premier sostengono che sulla riforma costituzionale la mediazione nel Pd è difficile perché «la sinistra interna deve accettare una sorta di resa incondizionata, visto che non gli offriremo niente di più di quanto si era detto», in realtà qualcosa si muove dietro le quinte. Martedì sera si terrà un confronto tra Renzi e la ventina di senatori bersaniani al gruppo Pd del Senato. Il premier è convinto che i numeri ci siano ma farà di tutto «per provare a spaccare il gruppo di dissidenti che non è compatto», spiega un ministro solitamente ben informato. «Magari concedendo che i senatori vengano eletti insieme ai consigli regionali, riducendo il numero di consiglieri. Se in Emilia devi eleggere 40 consiglieri, 8 potrebbero essere eletti come senatori, quindi non si aggiungerebbero poltrone, anzi». Con la formula del «listino» dal sapore anti-casta, Renzi potrebbe dunque decidere di riaprire i giochi sull’articolo 2 in cambio di tempi certi per il varo entro il 15 ottobre quando dovrà presentare in Senato e a Bruxelles la legge di stabilità col taglio delle tasse. Eviterebbe così la spada di Damocle di migliaia di votazioni sugli emendamenti all’articolo 2 che finirebbero per produrre «qualche pasticcio», dice il renziano Giorgio Tonini, evocando di fatto la minaccia del presidente Grasso di riaprire i giochi sul nodo cruciale. La minoranza garantisce tempi blindati in cambio di un accordo, conferma il bersaniano Miguel Gotor. Dunque si prova a trovare una soluzione, «sono in corso contatti», ammette Tonini. «Ma bisogna valutare bene ogni aspetto: chi rappresenterebbero questi senatori così eletti, le regioni o cittadini? Il rischio è che non siano nè carne nè pesce».
Anche se gli uomini del premier sostengono che sulla riforma costituzionale la mediazione nel Pd è difficile perché «la sinistra interna deve accettare una sorta di resa incondizionata, visto che non gli offriremo niente di più di quanto si era detto», in realtà qualcosa si muove dietro le quinte. Martedì sera si terrà un confronto tra Renzi e la ventina di senatori bersaniani al gruppo Pd del Senato. Il premier è convinto che i numeri ci siano ma farà di tutto «per provare a spaccare il gruppo di dissidenti che non è compatto», spiega un ministro solitamente ben informato. «Magari concedendo che i senatori vengano eletti insieme ai consigli regionali, riducendo il numero di consiglieri. Se in Emilia devi eleggere 40 consiglieri, 8 potrebbero essere eletti come senatori, quindi non si aggiungerebbero poltrone, anzi». Con la formula del «listino» dal sapore anti-casta, Renzi potrebbe dunque decidere di riaprire i giochi sull’articolo 2 in cambio di tempi certi per il varo entro il 15 ottobre quando dovrà presentare in Senato e a Bruxelles la legge di stabilità col taglio delle tasse. Eviterebbe così la spada di Damocle di migliaia di votazioni sugli emendamenti all’articolo 2 che finirebbero per produrre «qualche pasticcio», dice il renziano Giorgio Tonini, evocando di fatto la minaccia del presidente Grasso di riaprire i giochi sul nodo cruciale. La minoranza garantisce tempi blindati in cambio di un accordo, conferma il bersaniano Miguel Gotor. Dunque si prova a trovare una soluzione, «sono in corso contatti», ammette Tonini. «Ma bisogna valutare bene ogni aspetto: chi rappresenterebbero questi senatori così eletti, le regioni o cittadini? Il rischio è che non siano nè carne nè pesce».