venerdì 4 settembre 2015

La Stampa 4.9.15
Festival di Venezia 2015
Spotlight, coltello nella piaga della pedofilia nella Chiesa
“Spero che il Papa lo veda”
L’attore Ruffalo: opportunità per risarcire le vittime
di Fulvia Caprara


Il coltello nella piaga dei preti pedofili va giù, fino in fondo, nei drammi esistenziali delle vittime che, ormai adulte, scoppiano a piangere ricordando, nelle immense responsabilità di chi sapeva e ha taciuto, nelle denunce insabbiate che avrebbero potuto fare luce e invece sono finite nascoste, tra cumuli di carte, su scaffali dimenticati.
Di scena ieri (fuori concorso) alla Mostra, Spotlight, regia di Tom McCarthy, è un classico film americano di denuncia, emozionante come Tutti gli uomini del presidente, ben girato e benissimo interpretato, con un ritmo incalzante e un messaggio forte e chiaro: «Non mi aspetto particolari reazioni dai vertici della Chiesa - dichiara il regista -, e devo ammettere di essere pessimista sull’ipotesi di cambiamenti. Mi piacerebbe però che Spotlight fosse visto dal Papa, dai cardinali, e dall’intera comunità ecclesiastica. Tutto ciò che mostriamo è documentato, il film non è un attacco alla Chiesa, che tra l’altro penso abbia ancora la possibilità di guarire».
Non stupisce, dunque, che l’inviato di Radio Vaticana sia il primo a riconoscere «l’onestà» del film: «Il regista - ha sottolineato Luca Pellegrini - non cade nella trappola dello scandalo, mentre gli straordinari interpreti si limitano a fare e dire solo ciò che i personaggi reali fecero e dissero».
La storia vera della squadra di giornalisti del Boston Globe, (dal loro nome viene il titolo del film) inizia nel 2001, quando il nuovo direttore del giornale, Marty Baron (Liev Schreiber) arriva a Boston da Miami e dà il via libera a un’inchiesta che si allarga a macchia d’olio svelando gli abusi sessuali e psicologici praticati da circa ottanta sacerdoti su oltre mille bambini.
Un fiume di testimonianze e ricostruzioni che, attraverso seicento articoli, ha portato all’attenzione del mondo la spina nel fianco della Chiesa cattolica, una malattia contagiosa che ha allontanato dalla fede numerosi credenti, sconvolti, come racconta il film, dalla violenza subita, ma anche dal fatto che a compierla fossero persone a cui pensavano di potersi affidare: «Molti di loro - racconta McCarthy - parlavano di doppio tradimento, di abuso fisico e insieme spirituale. Per tante delle vittime la religione contava moltissimo e l’essere costretti a vivere in silenzio quel tormento, spesso senza nemmeno il sostegno dei familiari, è stato terribile. Un crimine perpetrato contro innocenti indifesi».
Cronisti appassionati
Del team di Spotlight facevano parte cronisti appassionati come Walter «Robby» Robinson (Michael Keaton), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Michael Rezendes, personaggio affidato al carisma di Mark Ruffalo, divo con l’anima, di dichiarata fede cattolica, che ha lanciato un appello accorato: «Spero che il Papa veda questo film, che il Vaticano lo usi come un’opportunità straordinaria per risarcire le vittime dei torti subiti, per curare le loro sofferenze». La vicenda, ha aggiunto Ruffalo, «ricostruisce semplicemente i fatti. È scioccante che a Boston in quel periodo fossero in tanti a far finta di non vedere. Non solo gli uomini di Chiesa, ma anche i media, i presidi di scuole prestigiose, i rappresentanti delle più alte cariche amministrative».
Insieme con il pathos dell’indagine, tra colpi di scena e battute d’arresto, scoperte drammatiche e verità lancinanti (fondamentale, nella vicenda, la figura del difensore dei molestati, l’avvocato armeno Mitchell Garabedian, interpretato da Stanley Tucci) si respira nostalgia per quel giornalismo d’inchiesta che è sempre stato tra i fiori all’occhiello della cultura democratica americana: «Spotlight esiste ancora - fa notare McCarthy - ma, nel nostro Paese come altrove, quel modo di lavorare è stato colpito dai tagli. Il film sottolinea l’importanza di quel modo di fare informazione. Oggi si punta sui titoloni di richiamo e mai sull’approfondimento, i giornalisti subiscono pressioni mentre la gente chiede serietà e credibilità. Per la sopravvivenza della democrazia è necessario che una stampa libera continui a esistere».