giovedì 24 settembre 2015

La Stampa 24.9.15
La carica dei nuovi Scilipoti: “Non vogliamo andare a casa”
E in sei abbandonano Berlusconi anche alla Camera
di Ilario Longobardo


Si chiamino un po’ come si vuole, i «neo-responsabili», i «compravenduti», o i verdiniani: sono creature del parlamentarismo, che, a dirla con Domenico Auricchio, «come tutti non hanno proprio voglia di andarsene a casa». Prendiamo lui, Auricchio, detto Mimì. Ha lasciato Forza Italia. E’ alla prima legislatura, ripescato in Campania dopo il passaggio di Alessandra Mussolini a Bruxelles. Domanda: lo sa che l’accusano di voler arrivare al 2018 per assicurarsi la penrsione? Risposta (digrignando i denti): «Ma qua’ pensione. Io sono un guerriero dei voti. Questi qui invece sono tutti nominati. Se lo faccia dire da un commerciante, un Auricchio, ha presente il provolone?». Mimì, un posticino nel cuore di Silvio Berlusconi sogna di averlo ancora: dopotutto fu lui ad aver registrato il nome “Pdl” prima della svolta del predellino. Gelosamente, conserva come reliquie le registrazioni della viva voce dell’ex Cavaliere che lo ringrazia. «A Berlusconi voglio bene più dell’anima mia. Ma la classe dirigente del partito non c’è più». Addirittura, Auricchio teorizza di non aver mai lasciato Fi: «Perché, quelli di Verdini che sono, non sono tutti forzisti?». Alla Camera, intanto, altri sei deputati di fede verdiniana hanno lasciato gli azzurri. Ignazio Abrignani, Luca d’Alessandro, Monica Faenzi, Giuseppe Galati, Giovanni Mottola, Massimo Parisi. Al Senato con Auricchio e Francesco Amoruso da Fi, e Peppe Ruvolo da Gal, nel nuovo gruppo di Verdini sono in 13. L’esodo si annuncia senza fine e il capogruppo dei senatori Paolo Romani liquida la faccenda così: «Li hanno comprati a poco…». Sarà, ma la riunione di oggi alla presenza di Berlusconi è stata annullata. Il senatore Barnabò Bocca è più fuori che dentro. Mentre Franco Carraro smentisce di aver pronti i bagagli: «Sulle riforme faccio quello che fa Fi. Per me la coerenza sta nelle cose: sapevo che questa sarebbe stata la mia prima e ultima legislatura». Ma proprio per il motivo opposto confessa di «comprendere le ragioni» di quei colleghi che vogliono continuare con la politica: «E poi, se Renzi toglie l’Imu sulla prima casa…come fai a non votare con lui…». Riccardo Villari (ex Cdu, ex Udeur, ex Pd) invece non ha ancora deciso. Diverse volte lo hanno dato arruolato con Verdini: «Ma il clima dopo l’accordo nel Pd si è alleggerito. E’ anche ormai inutile parlare di compravendita. Cosa compreresti ora? Un voto che non serve a niente».
Si chiamino un po’ come si vuole, i «neo-responsabili», i «compravenduti», o i verdiniani: sono creature del parlamentarismo, che, a dirla con Domenico Auricchio, «come tutti non hanno proprio voglia di andarsene a casa». Prendiamo lui, Auricchio, detto Mimì. Ha lasciato Forza Italia. E’ alla prima legislatura, ripescato in Campania dopo il passaggio di Alessandra Mussolini a Bruxelles. Domanda: lo sa che l’accusano di voler arrivare al 2018 per assicurarsi la penrsione? Risposta (digrignando i denti): «Ma qua’ pensione. Io sono un guerriero dei voti. Questi qui invece sono tutti nominati. Se lo faccia dire da un commerciante, un Auricchio, ha presente il provolone?». Mimì, un posticino nel cuore di Silvio Berlusconi sogna di averlo ancora: dopotutto fu lui ad aver registrato il nome “Pdl” prima della svolta del predellino. Gelosamente, conserva come reliquie le registrazioni della viva voce dell’ex Cavaliere che lo ringrazia. «A Berlusconi voglio bene più dell’anima mia. Ma la classe dirigente del partito non c’è più». Addirittura, Auricchio teorizza di non aver mai lasciato Fi: «Perché, quelli di Verdini che sono, non sono tutti forzisti?». Alla Camera, intanto, altri sei deputati di fede verdiniana hanno lasciato gli azzurri. Ignazio Abrignani, Luca d’Alessandro, Monica Faenzi, Giuseppe Galati, Giovanni Mottola, Massimo Parisi. Al Senato con Auricchio e Francesco Amoruso da Fi, e Peppe Ruvolo da Gal, nel nuovo gruppo di Verdini sono in 13. L’esodo si annuncia senza fine e il capogruppo dei senatori Paolo Romani liquida la faccenda così: «Li hanno comprati a poco…». Sarà, ma la riunione di oggi alla presenza di Berlusconi è stata annullata. Il senatore Barnabò Bocca è più fuori che dentro. Mentre Franco Carraro smentisce di aver pronti i bagagli: «Sulle riforme faccio quello che fa Fi. Per me la coerenza sta nelle cose: sapevo che questa sarebbe stata la mia prima e ultima legislatura». Ma proprio per il motivo opposto confessa di «comprendere le ragioni» di quei colleghi che vogliono continuare con la politica: «E poi, se Renzi toglie l’Imu sulla prima casa…come fai a non votare con lui…». Riccardo Villari (ex Cdu, ex Udeur, ex Pd) invece non ha ancora deciso. Diverse volte lo hanno dato arruolato con Verdini: «Ma il clima dopo l’accordo nel Pd si è alleggerito. E’ anche ormai inutile parlare di compravendita. Cosa compreresti ora? Un voto che non serve a niente».