lunedì 21 settembre 2015

La Stampa 21.9.15
Compromesso a portata di mano ma Renzi vuole uscire vincitore
Il Pd lavora all’ipotesi-Chiti, consiglieri regionali-senatori
Minoranza divisa. Bersani: basta un millimetro per un’intesa
di Fabio Martini


Matteo Renzi, dentro di sé, lo pensa da settimane e ora che siamo al dunque non ha cambiato idea: la sua minoranza si deve piegare. Meglio se si piega all’accordo, meglio ancora se si divide, ma comunque deve essere chiaro a tutti, chi ha vinto: lui. E quindi, nell’ennesima direzione del Pd, convocata per oggi sul tormentone-Senato, il segretario-presidente è intenzionato a presentarsi con tono inclusivo, alto, da premier in salute, ma anche con un punto di caduta netto: «I termini sono chiari, quindi la direzione del Pd è chiamata a votare». O sì, o no. Certo, molto dipenderà dalle parole che userà il premier. Matteo Renzi ha già dimostrato tante volte di essere pronto a tutto, pur di non apparire quello che ha concesso qualcosa agli avversari del momento. E dunque, ripetono sottovoce in tanti, molto dipenderà da come calibrerà le sue parole davanti alla sua Direzione. E d’altra parte la stessa preoccupazione, non apparire quelli che hanno ceduto, agita la minoranza interna del Pd, divisa verticalmente (bersaniani e cuperliani) e orizzontalmente (i giovani da una parte, i “vecchi” Bersani e D’Alema, dall’altra). Ma ieri maggioranza e minoranza si sono di nuovo riavvicinate e l’accordo sembrava di nuovo a portata di mano.
E d’altra parte è stata la divisione - più generazionale che politica - dentro la minoranza del Pd, che ha riaperto una querelle, che tre giorni fa sembrava chiusa. Venerdì, tra Renzi e la sua opposizione, era stato chiuso un accordo di massima sulle modalità di elezione dei futuri senatori, che sabato è stato rimesso in discussione dalla sortita dell’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, arrivato a contestare persino un punto oramai acquisito: la proporzione tra il numero dei senatori e dei deputati nel futuro assetto. Una sortita che aveva spiazzato tutti, primo fra tutti Gianni Cuperlo, capofila dell’ala della minoranza, che vuole incalzare Renzi ma su questioni comprensibili, di valore politico e sociale. E infatti dice: «La sola idea di fare un regolamento di conti interno al Pd su questa vicenda è in contrasto con le ragioni della sinistra, oltreché del buon senso». Un modo per parlare a Renzi ma anche ai suoi.
Ecco perché c’era attesa, a palazzo Chigi e non solo, per cosa avrebbe detto ieri sera Pier Luigi Bersani alla festa dell’Unità di Bologna. E l’ex segretario è parso più conciliante: «Per trovare l’accordo basta un millimetro...». E visto che nei giorni scorsi si era svolto un braccio di ferro, incomprensibile ai più, sulla modifica dell’articolato di legge, alla domanda se sia il caso di cambiare questo o quel comma, Bersani ha risposto: «Basta che non sia il Comma 22... va bene il 5, va bene tutto, l’importante è che si capisca cosa stiamo facendo. Qui si sta discutendo se in un Senato di 100 senatori, l’80% di questi debbano essere fatti a tavolino. Io non sono d’accordo. Introduciamo una modifica chiara che precisi che decidono gli elettori. Se c’è questa disponibilità si chiude senza problemi». Ettore Rosato, presidente dei deputati Pd, ieri sera ha incassato l’apertura: «Abbiamo colmato in passato distanze ben più grandi di un millimetro...». E infatti un compromesso è a portata di mano, sulla base della proposta avanzata giorni fa da Vannino Chiti, della minoranza (quella dei consiglieri regionali-senatori), raccolta e rilanciata dal renziano Giorgio Tonini e sulla quale stanno lavorando Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato e il ministro Maria Elena Boschi. Dice Tonini:«Un accordo di fatto è stato raggiunto: possiamo spaccare il Pd su una sfumatura? Alle fine prevarrà il buon senso politico, perché tutti siamo d’accordo che la riforma è giusto farla, per l’Italia e per chi ci guarda da fuori e perchè il dissenso resta su dettagli».