giovedì 17 settembre 2015

La Stampa 17.9.15
La sfida di Assad all’Europa “Il caos migranti è colpa vostra”
Il raiss: basta aiuti ai terroristi. E Mosca propone all’America un’alleanza anti-Isis
di Maurizio Molinari


Vladimir Putin estende la presenza delle truppe russe in Siria e chiede ad «altre nazioni» di entrare nella sua coalizione anti-Isis. È un’offerta che il raiss di Damasco, Bashar Assad, indirizza in particolare all’Europa: «Per bloccare l’ondata di rifugiati dovete cessare di aiutare i terroristi» abbandonando l’alleanza guidata dagli Usa per aderire a quella del Cremlino.
Putin cerca alleati
Il presidente russo parla da Dushanbe, l’occasione è il summit sulla sicurezza fra sei repubbliche ex-Urss in Tagikistan dove nell’ultimo mese 20 persone sono state uccise dai jihadisti. «Sosteniamo il governo della Siria nella lotta al terrorismo, daremo ed aumenteremo aiuti militari, senza la Siria sarebbe impossibile espellere i terroristi dalla regione - dice Putin, in diretta tv - mi auguro che altre nazioni seguano il nostro esempio, offrendo sostegno ad Assad». L’intento è dunque di trasformare l’intervento in Siria nella genesi di una coalizione.
Assad, appello all’Ue
Nelle stesse ore il raiss di Damasco incontra nella sua residenza i reporter russi, consegnandogli un messaggio: «Se l’Europa è preoccupata per l’ondata di profughi deve occuparsi delle cause, porre fine al sostegno ai terroristi, iniziare a combatterlo al nostro fianco».
La lettura della guerra è cristallina: «A sostenere i terroristi sono Arabia Saudita, Qatar e soprattutto la Turchia di Erdogan, espressione di un partito con l’ideologia dei Fratelli Musulmani, che si propone di creare un Sultanato dall’Atlantico al Mediterraneo». L’errore di «Francia e Usa» è di «coprire questo progetto» con l’intervento militare che a parole si propone di combattere Isis «ma in realtà aiuta i terroristi».
L’accusa centrale è agli Usa: «Usano il terrorismo come una carta politica, prima con Al Qaeda in Afghanistan contro l’Urss e ora con Al-Nusra e Isis contro di noi». Russia e Iran invece «ci aiutano a combattere Isis» assieme all’Iraq «che ha problemi analoghi» e dunque l’Ue può unirsi alla nascente coalizione. Anche perché Assad promette «accordi con ogni forza politica» e «il rispetto di ogni etnia, curdi inclusi». Ovvero, non lascerà il potere «sotto pressione» ma è disposto ad alcune concessioni.
Truppe russe a Hama
A dare consistenza all’iniziativa politica di Putin e Assad c’è l’estensione della presenza russa in Siria. Fonti dell’opposizione descrivono ai media libanesi l’arrivo di «15 autobus di soldati» nel Club Equestre di Hama «trasformato in caserma» e di «10 autobus con esperti militari» all’hotel Al-Nawair, divenuto il loro quartier generale. Per il giornale «Al-Watan», filo-regime, «hanno consegnato 15 tonnellate di aiuti umanitari» ma l’opposizione ritiene che i russi vogliamo blindare Hama per impedirne la caduta nelle mani dei ribelli in arrivo da Nord.
Missili a Latakia
I militari russi sono arrivati a Hama da Latakia, dove stanno accumulando tank, blindati, artiglieria, radar e fanteria navale. Lavorano alla realizzazione di piste ed hangar per jet ed elicotteri che consentiranno operazioni aeree e terrestri. Jeffrey White, ex analista del Pentagono, prevede l’«imminente arrivo» di missili terra-aria SA-22 per proteggere i cieli. Fonti militari Usa ritengono che Putin stia accelerando i tempi per avere un «contingente credibile sul terreno» quando parlerà dal podio dell’Onu, a fine mese, presentandosi da leader dell’unica coalizione anti-Isis che dispone di contingenti di terra.
Netanyahu al Cremlino
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu la prossima settimana sarà al Cremlino per discutere con Putin «le minacce che ci vengono dall’incremento del flusso di armi sofisticate in Siria che possono finire nelle mani di Hezbollah ed altri gruppi terroristi». Israele chiede garanzie a Mosca che la nascente coalizione non rafforzerà i suoi nemici regionali. Per Putin significa poter dialogare sulla Siria tanto con l’Iran che con Israele. A conferma che l’intervento a Latakia, ancora nelle sue fasi iniziali, sta già cambiando la mappa strategica regionale.