La Stampa 16.9.15
“Budapest vuole umiliarci”
Nella Vienna campo-profughi la speranza diventa rabbia
I racconti dei siriani bloccati in Austria sulla via per la Germania “L’incubo non è stato il mare, ma la traversata di Serbia e Ungheria”
di Tonia Mastrobuoni
Ahmed fa fatica a inghiottire, mastica lentamente. Fa caldo, ma il bambino non vuole uscire dal suo sacco a pelo. Dorme su un materassino arancione, accanto al binario uno. «È stanco», dice il padre Hassan, come per scusarlo. Gli occhi nocciola sembrano ormai più grandi della faccia: Ahmed è scheletrico. È iracheno; quando è arrivato in Austria domenica, non mangiava da giorni. Chiedo dov’è la madre: mi fissa. Poi fa no con la testa. Il padre mi sfiora il braccio, gli tremano le labbra.
Treni fermi
Aspettano di partire per la Germania, come la stragrande maggioranza dei profughi bloccati qui, al binario morto della stazione ovest di Vienna. Anche sugli altri binari, il traffico è ridotto al minimo. I treni che arrivano dall’Ungheria e quelli che ripartono per la Germania sono bloccati. E la stazione si sta riempiendo di ora in ora di siriani, afghani, iracheni. Pullula di volontari della Caritas, della Croce rossa, di poliziotti, di medici e cittadini comuni che cercano di dare una mano come possono. Ma è una corsa contro il tempo: pochissimi profughi riescono a ripartire, mentre ne arrivano a centinaia, migliaia. Arrivano alla stazione dalla frontiera, con i bus, i treni, anche a piedi. Secondo un ragazzo della Caritas che vuole rimanere anonimo, ieri a mezzogiorno ce n’erano già tremila. Una bomba a orologeria e la rappresentazione plastica del più grande fallimento dell’Europa. Soprattutto, l’epicentro di un Paese, l’Austria, che si sta trasformando in un gigantesco campo profughi.
La stretta magiara
Dall’Ungheria continuano ad arrivare in massa: il governo li scorta direttamente alla frontiera, svuotando i campi di accoglienza. Ma il governo austriaco ora teme che a causa della stretta magiara entrata in vigore ieri - i rifugiati rischiano il carcere se tentano di varcare il confine - l’inarrestabile flusso di profughi possa spostarsi a Sud, cercare un varco per l’Europa attraverso la Croazia o la Slovenia. Il cancelliere Werner Faymann potrebbe convocare un vertice a tre con i suoi omologhi per discuterne. Secondo alcune fonti governative citate dai quotidiani austriaci, sarebbero duecentomila i profughi in marcia verso l’Europa attraverso i Balcani. E la Germania, il paradiso agognato dalla stragrande maggioranza dei disperati spiaggiati a Vienna e in altre parti dell’Austria dopo la decisione del governo Merkel di ripristinare i controlli alle frontiere, è diventata più lontana.
Quando torniamo nel pomeriggio alla stazione, anche Muna Duzdar è scioccata per l’esplosione dei profughi in pochissime ore. Consigliere comunale dei socialdemocratici, è qui quasi ogni giorno per tradurre dall’arabo, per aiutare. Di origine palestinese, è impegnata anche su un altro fronte complicato. L’11 ottobre a Vienna si vota. E il governo cittadino attuale, rosso-verde, è rincorso dai populisti di destra della Fpoe, in vertiginosa crescita. «Sono grata ai viennesi per la loro incredibile generosità e alle organizzazioni attive qui: è chiaro che se scoppiasse il caos, sarebbe carne da cannoni, per la destra populista», argomenta.
La capitale accoglie attualmente il 130% dei profughi che le sono assegnati in base alle quote, ma il sindaco si sta mostrando estremamente generoso e deciso al massimo sforzo, per garantire alle migliaia di rifugiati le strutture sanitarie, gli alloggi, il cibo e l’assistenza necessari.
Duzdar ci accompagna nel parcheggio multipiano della stazione, dove un’organizzazione che si occupa di famiglie cerca di rispondere alle esigenze di centinaia di donne approdate qui con i loro bambini. Tra di esse c’è Suzan, siriana di Aleppo, arrivata in Austria con i quattro figli. Dalla Turchia hanno attraversato il mare con un gommone, ma lo scafista ha sequestrato i loro passaporti e non gliel’ha più restituiti. In Europa, un passaporto siriano vale ormai oro, è il lasciapassare per il diritto di asilo. In Germania ne hanno intercettati già una miriade di falsificati.
Violenze e offese
L’incubo vero, però, non è stata Mitilini o Atene o la traversata in mare. I problemi veri sono cominciati in Serbia, dove un poliziotto ha voluto cento euro per non sbatterli in carcere. E un tassista ne ha presi altrettanti per portarli per un chilometro in direzione Ungheria e lasciarli in mezzo a un bosco. Una donna sola, con quattro figli piccoli. «Piangevo – racconta – e a un certo punto è passata una signora gentilissima. Le ho detto: dove si va per l’Ungheria?». Suzan ha preso i suoi bambini per mano e ha camminato per venti chilometri verso la frontiera. Tuttavia, anche in Ungheria la sua famiglia è stata trattata da cani. «Ci hanno messo in un autobus senza bagno e senza acqua e ci hanno portati fino al confine». A un certo punto la figlia tredicenne, che porta il velo, doveva andare al bagno. I poliziotti ungheresi l’hanno scortata in dieci. Per sua madre, quella cosa è stata più dolorosa della fame, degli stenti, della paura: «Perché hanno voluto umiliarci così?».
(Heinz-Peter Bader/REUTERS) -