La Stampa 16.9.15
L’Ungheria arresta i migranti
Un muro anche con la Romania
E Vienna chiude le frontiere
Oltre 170 fermati. I siriani in sciopero della fame: “Aprite le porte”
L’Ue: tutto regolare.
di Giordano Stabile
C’è ancora la bandiera europea a dodici stelle accanto a quella, rossa, bianca e verde, dell’Ungheria. L’ultimo segno dell’Europa che si univa. Ora, a Röszke, Ungheria, l’ingresso nell’Unione europea è una porta blindata. Di traverso sull’autostrada corre una barriera di pannelli metallici, sormontati da giri di filo spinato. Dal lato serbo premono centinaia di profughi. «Aprite, aprite». Dal lato ungherese è stato dichiarato lo «stato di emergenza», i poliziotti sono in assetto antisommossa, divise nere, caschi neri. Con l’ordine di arrestare chiunque passi. In 24 ore sono finiti in carcere 174 «irregolari».
Gli ultimi varchi fra Ungheria e Serbia sono stati chiusi lunedì. Il fiume di migranti che attraversa i Balcani ha sbattuto contro una diga. E, come l’acqua, cerca altre vie per aggirarla. Verso la Croazia, a Ovest, o la Romania, a Est. Budapest è più preoccupata dal passaggio a Est. Perché in Croazia, come hanno avvertito ieri i media di Zagabria, il pericolo sono le mine al confine con la Serbia, eredità della guerra civile degli Anni Novanta. I profughi siriani, molto informati, lo sanno.
Un fiume contro una diga
In molti stanno cercando quindi di passare attraverso la Romania. Una corsa contro il tempo. Il premier ungherese Viktor Orban ha ordinato di estendere la barriera metallica anche lungo la frontiera romena. Per rendere il deterrente efficace ha insistito sull’applicazione rigorosa delle nuove misure con l’immigrazione illegale, in particolare nei confronti di chi «danneggia la barriera». I colpevoli rischiano tre anni di detenzione. Per 45 il processo è già iniziato. Oggi le sentenze, con l’espulsione, si prevede, verso la Serbia.
Belgrado non ci sta. Il fiume ora si gonfia dal suo lato. Per il ministro degli Esteri Ivica Dadic la decisione dell’Ungheria è «inaccettabile». La Serbia è pronta a soccorrere i profughi in arrivo ma non quelli «respinti da Budapest». A Horgos, la cittadina serba davanti alla frontiera, almeno trecento siriani hanno cominciato lo sciopero della fame. Alcuni anche della sete: «Né cibo né acqua» finché la frontiera non riapre. Per il ministro del Lavoro Aleksandar Vulin, accorso sul posto, la situazione «potrebbe sfuggire al controllo delle autorità».
Segnali dalla Turchia
La Serbia, fuori dall’Unione e con l’obiettivo principale di entrarci il prima possibile, mostra il volto più conciliante in Europa. Ma il fiume potrebbe ingrossarsi presto. A Edirne, in Turchia, vicino al confine con Bulgaria e Grecia, cinquemila siriani premono perché sia riaperta la via «di terra» verso l’Europa continentale: «Abu Tayyp», «papà Tayyp», cioè Erdogan, gridano, «non creare problemi e apri le porte».
La metafora prende campo, mentre l’Europa si chiude in compartimenti stagni. Dopo Germania, Slovacchia, Repubblica ceca e Olanda lunedì, ieri è stata l’Austria ad annunciare la sospensione di Schengen. Su tutte le frontiere: con l’Ungheria ma anche con Slovenia, Slovacchia e Italia. Controlli per chi arriva dal Brennero e Tarvisio. Per Bruxelles la decisione «rientra nelle regole». La forma, ma solo quella, è salva.