lunedì 14 settembre 2015

La Stampa 14.9.15
No a centri d’accoglienza aperti. Oggi il vertice dei ministri dell’Interno
E dalla bozza della Commissione Ue spariscono le quote vincolanti
No a centri d’accoglienza aperti. Oggi il vertice dei ministri dell’Interno
di Marco Zatterin


Rischia di essere solo un mezzo compromesso, quello di stasera sui 120mila migranti da redistribuire fra gli stati dell’Unione. Salvo colpi di scena, i ministri degli Interni cercheranno di avanzare e prender tempo per non spaccare il fronte dell’Europa solidale. Nella bozza di conclusioni circolata ieri, viene infatti accolta la formula della ripartizione non vincolante dei rifugiati e rinviata la definizione delle modalità al Consiglio dell’8-9 ottobre. In compenso, si procede con determinazione sui controlli per chi arriva nell’Ue e si chiede l’istituzione «immediata» dei siti di registrazione all’europea (Hotspot) in Italia e Grecia, con la condizione che «le strutture di accoglienza siano organizzate per ospitare le persone sino a che una decisione rapida sia presa sulla loro situazione». Chiuse, dunque, anche se dovrebbe essere chiarito che non è una detenzione. Per l’Italia, dove i centri sono aperti e le procedure di asilo durano mesi, rischia di essere una sfida dalla difficile gestione.
Si torna alla volontarietà
Il testo planato sul tavolo dei rappresentanti permanenti dei Ventotto è un palese tentativo di guadagnare tempo. Sono due cartelle, prive di elementi d’obbligatorietà sulla redistribuzione dei 120 mila rifugiati che la Commissione Ue vorrebbe ripartiti fra gli stati con criteri automatici. «Il Consiglio s’impegna a riallocare» i migranti con diritto alla protezione, afferma la bozza. Ma i numeri delineati dalla squadra di Jean-Claude Juncker sono solo «la base per un accordo» e «altro lavoro verrà condotto prioritariamente per una decisione che realizzi l’impegno».
È il ritorno alla volontarietà. Del resto Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria ribadiscono il «no» alle quote imposte dal centro. Le cose possono sempre cambiare, ma è chiaro che la presidenza lussemburghese non vuole strappi. Per compensare il rinvio, si tenterà l’intesa sui 40 mila che andavano ripartiti in luglio: gli 8 mila posti mancanti potrebbero saltar fuori in giornata, sperano gli sherpa granducali.
Ne restano altri 120 mila. Nella bozza della mediazione, oltre alla natura vincolate nel meccanismo, mancano molte cose, a partire dai nomi dei paesi che dovrebbero beneficiare della solidarietà, Italia, Grecia, e Ungheria. Questo, spiega una fonte diplomatica, serve a non tirare troppo la giacca di Budapest che nega di essere un paese in prima linea. Sparita per ora anche la proposta con cui la Commissione ipotizzava una possibile sospensione temporanea della redistribuzione in cambio del pagamento dello 0,002% del Pil.
Il documento definisce «cruciale» che i centri di accoglienza Ue previsti in Italia e Grecia siano «immediatamente operativi» per accelerare il processo di identificazione e registrazione dei migranti. «Gli Stati invieranno subito i funzionari di collegamento», rileva la bozza. Aiuteranno italiani e greci a sbrigare le pratiche nei nuovi siti, dove i migranti saranno uomini liberi, ma custoditi sino a che il loro futuro non sia definito. È una clausola di responsabilità, certo non semplice, che il Paese deve accettare per condividere gli oneri del dramma migratori con gli altri. Questione tecnica. E anche di fiducia.