domenica 13 settembre 2015

La Stampa 13.9.15
Il Regno Unito si allontana dall’Europa
di Bill Emmott


Quando il Partito Democratico fu colto di sorpresa dalla sconfitta elettorale nel 2013, espresse il suo desiderio di cambiamento scegliendo come nuovo leader un 38enne di centro, un nuovo arrivato sulla scena politica nazionale, Matteo Renzi. Anche l’equivalente del Pd, il partito laburista, ha reagito allo choc della sconfitta del maggio scorso mostrando il suo desiderio di cambiamento. Ma è spiazzante la scelta del nuovo leader, Jeremy Corbyn, 66 anni, un vecchio socialista in Parlamento da 32 anni e che per tutto il tempo si è mostrato infedele nei confronti della leadership del suo partito. Sembra, a molti, una decisione suicida per il partito che Tony Blair ha portato al potere dal 1997 al 2010.
Ovviamente la scelta di Corbyn è stata condannata da Tony Blair, dal suo successore Gordon Brown, e dagli altri ex pezzi grossi del partito. È stata quietamente festeggiata dal partito conservatore al governo, perché molti tra loro presumono che un partito laburista guidato da Corbyn non abbia alcuna possibilità di vincere le elezioni.
Questo non è chiaro. Strane cose possono accadere. Ma quello che è chiaro è che la scelta di Corbyn come capo del principale partito di opposizione britannico rende più probabile che il Regno Unito voti per lasciare l’Unione europea. E rende anche più difficile alla Gran Bretagna avere un ruolo militare attivo all’estero, o recuperare il ruolo interventista in politica estera caro a Blair. Ha reso anche più probabile che la Scozia nel corso dei prossimi cinque anni indica un nuovo referendum sull’indipendenza e che stavolta voti a favore.
Se qualcuno, dopo il voto inglese, a maggio, avesse predetto che Corbyn, o uno della sua corrente sarebbe diventato leader dei laburisti sarebbe passato per pazzo. Ma dopo appena quattro mesi la vittoria di Corbyn finisce per apparire inevitabile.
Questo sarà tema di analisi per molti anni a venire. Tra le spiegazioni deve essere messa in conto la diffidenza diffusa in molti paesi democratici verso i partiti istituzionali e i politici che hanno portato i loro paesi alla crisi finanziaria del 2008 come alla guerra all’Iraq del 2003. Correttamente, Corbyn viene spesso paragonato a Donald Trump, il candidato repubblicano alla presidenza degli Usa per il fascino esercitato sui cani sciolti che amano il linguaggio semplice. L’equivalente italiano più recente è Beppe Grillo.
Un’altra spiegazione, chiaramente, è che molti cittadini britannici, in particolare gli elettori tradizionali del partito laburista, si sentono ancora defraudati dalla crisi finanziaria globale, anche se l’economia va bene e la disoccupazione è scesa verticalmente. Non erano argomenti sufficienti a vincere le elezioni a maggio. Ma è bastato per un voto dominato dagli estremisti del partito laburista e aperto anche ai non iscritti, purché disposti a pagare una piccola somma.
Corbyn ha vinto con quasi il 60% dei voti. Ma questo significa che l’hanno scelto poco più di 250 mila su 420 mila votanti. Non è una buona base per vincere le elezioni.
Così, che accadrà? Tutto dipende da Corbyn e da come condurrà il partito. Non ha mai dimostrato alcun interesse per il potere, né doti di leadership, a parte il desiderio di parlare ad alta voce quando era in disaccordo con i leader precedenti. È possibile che cercherà una qualche forma di consenso all’interno del partito. Ma se persevera con il suo programma estremista di nazionalizzazione, che vuole abolire l’arsenale nucleare britannico, aumentare le tasse ai ricchi e usare la Banca d’Inghilterra per stampare moneta a favore dei poveri, porterà probabilmente il partito laburista a una scissione.
A breve termine questo va a favore di David Cameron, il primo ministro conservatore. Ma c’è anche un contro. La sua principale opposizione adesso sarà interna al suo partito, soprattutto in tema d’Europa. E le idee di Corbyn sull’appartenenza della Gran Bretagna alla Ue sono ambigue. Cameron non può più contare, come prima, sull’appoggio dei laburisti per restare nell’Unione, né per rinnovare il deterrente nucleare .
Il voto del partito laburista non è un buon risultato per il ruolo della Gran Bretagna nel mondo.
Traduzione di Carla Reschia