domenica 20 settembre 2015

Il Sole Domenica 20.9.15
Democrazia è ideologia?
di Filippo La Porta


I nemici della democrazia sono innumerevoli, e spesso hanno ottime ragioni, anche se i loro affilati teoremi faticano a rendere conto della concreta esperienza quotidiana di noi abitanti della democrazia. Ed è sulla tirannia soft della democrazia attuale che si trovano a dialogare per email due discendenti di Erasmo da Rotterdam e di Thomas More. È lo scenario del Giardino delle delizie. Ovvero l’inganno democratico di Anonymous (Enrico Damiani Editore), un acuminato pamphlet, che ha la grazia di un dialogo settecentesco, sui presunti orrori della democrazia, su questa «volontà ottusa e determinata a farci buoni, progrediti, tolleranti...». È vero che la democrazia, più di ogni regime dispotico, tende sottilmente a squalificare ogni critica. Non mette in galera gli oppositori – conquista non sottovalutabile – , né vieta più niente, però tende a svalutare qualsiasi dissenso giudicandolo anacronistico o patologico o scientificamente infondato. Il suo tacito mantra è: «se no sei fuori» («fuori» dal Progresso, dalla Storia, dalla Razionalità...). E a ciò secondo Anonymous concorre anche la psicanalisi, con la sua pretesa di “amministrare” ciò che non è controllabile. Inoltre la democrazia attuale neutralizzerebbe quella irriducibile diversità rappresentata dal passato, svilito a vintage e parco tematico. Ora, questa “ideologia” implicita, questi valori non scritti sono spesso introiettati proprio da chi intende opporvisi. Chi ad esempio decida di vivere appartato, senza essere connesso full time, rinunciando ai consumi esclusivi eccetera è spinto a considerare se stesso – dal proprio “pregiudizio progressista” – come perdente o, per usare un termine oggi onnipresente, “sfigato”. Ritornano qui alcuni argomenti pasoliniani sul Nuovo Potere più invasivo del fascismo stesso (colonizza l’inconscio), o sulla perversa trasformazione dei diritti in obblighi sociali. A volte l’eloquenza prende un po’ la mano ai nostri due dialoganti, innamorati della loro stessa energia retorica, però non si può negare che affrontino impavidamente un tema urgente. All’inizio leggiamo in epigrafe un passo di John Donne, che quasi riecheggia un altro passo shakespeariano coevo: come i pianeti sono usciti dalle loro orbite (Troilo e Cressida) così il vecchio mondo si è dissolto, «è tutto in pezzi, scomparsa è ogni coesione». Comincia la modernità. Ma la democrazia moderna, nata da profondo pessimismo antropologico, è un tentativo di convivere con il mondo ormai in frantumi, senza simulare nuove coesioni. Il suo punto di forza ha natura squisitamente pragmatica: non promette alcun paradiso in terra (come invece i totalitarismi), piuttosto intende dimostrare che “immaginando” una cosa come l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge (evidente finzione) si crea un ordine umano generalmente più stabile e prospero. E commisurato più di altri alla insondabile “lunaticità” (Orwell) dell’essere umano. Certo, mettersi a fare i difensori della democrazia non sembra un compito affascinante. Che gusto c’è ad argomentare in difesa di ciò che esiste? Ma la democrazia ha molte versioni, e si espone a un collaudo ininterrotto. Insomma, vorrei difendere non tanto uno status quo consolidato, quanto un progetto precario e in fieri, una scommessa ogni giorno pericolosamente in bilico, e il cui esito dipende soprattutto da noi. L’unica vera utopia, come utilmente ci ricorda questo dialogo, è un luogo mentale, del tutto impratico e impolitico, che nessun potere potrà gestire, un modo di vivere inafferrabile dalla Storia. Non si tratta di realizzare l’ennesima utopia “politica” (che diviene ovunque normativa e autoritaria), ma solo di costruire il contesto più favorevole alla ricerca da parte di ognuno – anche dei nemici della democrazia – della propria personalissima, inviolabile utopia. Il dialogo viene felicemente complicato da un personaggio femminile, Ewa Von Kunt, che tenta di inserire la dimensione impura, sempre contraddittoria, della realtà. Il punto è che i lucidi pronipoti di Erasmo e Thomas non ci raccontano mai gli effetti sulla loro vita della (impalpabile) Dittatura Democratica. Indulgono in eleganti sentenze apodittiche sull’“inganno democratico”. E possiamo credergli. Ma oggi abbiamo bisogno soprattutto di esempi tangibili e di buone descrizioni che ci mostrino limpidamente questo inganno.

Anonymous, Il giardino delle delizie , Enrico Damiani, Salò, pagg. 100, € 16,00