Il Sole 13.9.15
Migranti e rifugiati
Se all’Europa manca il canto di Nausicaa
di Guido Rossi
Decisamente anche per ragioni mediatiche l’Europa con i suoi problemi ha preso il sopravvento. Il limite, tuttavia, di questo rilievo sta nell’interesse particolare di ciascun Paese, mai superato, che gioca equivocando con le parole migranti e rifugiati, le quali perdono il loro significato, assorbite in un’unica categoria.
Nonostante ciò, il discorso tenuto dal presidente della Commissione europea, Jean- Claude Juncker, mercoledì scorso davanti all’Europarlamento non ha avuto tutta l’attenzione che meritava. Si tratta infatti di un discorso ad alto tenore politico e di vero governo, che è bene sia considerato nelle tre parti che gli sono proprie: quella dispositiva, certamente la più rilevante, quella valutativa e infine quella lirica, nella quale il presidente Juncker denuncia che il dramma dei migranti ha svelato la mancanza dell’Europa e, per quel che rimane, ne ha cambiato la natura stessa.
La parte dispositiva (già qui trattata, sotto altri aspetti, nell’editoriale di ieri da Alberto Quadrio Curzio), contiene un piano per far fronte alla pressione della massa dei migranti. E così la Commissione propone di redistribuirne 160mila dalla Grecia e dall’Italia in Germania, Francia e Spagna, che dovranno accoglierne la maggior parte attraverso una quota obbligatoria attribuita e calcolata in base al reddito, alla popolazione, al tasso di occupazione e al numero di profughi già ospitati. Le quote obbligatorie in base ai Trattati non si applicheranno a Gran Bretagna e Danimarca, mentre l’Irlanda, che pur godrebbe di esenzioni, ha dichiarato di voler partecipare alla redistribuzione.
Juncker ha inoltre precisato che all’inizio del prossimo anno la Commissione presenterà un progetto complessivo per la gestione dell’immigrazione economica e rafforzerà prima della fine dell'anno il Frontex, creando una Guardia di frontiera e una Guardia costiera europea.
La proposta della Commissione di distribuire i 160mila rifugiati dovrà essere accettata dai ministri degli Affari interni alla riunione di domani.
l presidente ha inoltre avanzato una velata critica all’Ungheria, la quale ha innalzato un muro ai suoi confini con la Serbia, per fermare gli arrivi. È bene ricordare, allora, che il primo ministro ungherese Viktor Orban ha messo in guardia l’Europa, sottolineando che le tradizioni cristiane sono minacciate dagli arrivi che provengono dai Paesi musulmani.
Il presidente Juncker, con efficacia esemplare, ha indagato le cause di queste migrazioni e così dichiarato: «Siamo chiari e onesti con i nostri spesso preoccupati cittadini: fino a quando c’è una guerra in Siria e terrore in Libia, il fenomeno dei rifugiati semplicemente non sparirà affatto».
In un prezioso articolo apparso di recente sul New York Times, “La crisi dei rifugiati non è un problema europeo”, il professore di Harvard Michael Ignatieff ha messo in rilievo come la guerra civile in Siria sia dovuta soprattutto agli Stati Uniti e ai loro alleati, che armano i ribelli siriani, in guerra con lo Stato islamico, mentre dovrebbero occuparsi anche di aiutare il popolo che cerca di fuggire dai disastri della guerra.
Rimane così ancora aperta e urgente la questione siriana e il gioco diplomatico degli Stati Uniti e della Russia, schierata in assurda difesa del dittatore Assad, lasciato libero dopo il marzo del 2011, in piena Primavera araba, di massacrare a colpi di cannone una folla che reclamava maggiore democrazia in Siria e di aver usato durante l’estate del 2013 armi chimiche contro la propria popolazione.
I barbari dello Stato islamico, nella loro indistinta identità, sembran nascere da questo malsano terreno. E non è un caso se anche per conto suo il presidente francese Hollande ha dichiarato di studiare la possibilità di colpire direttamente lo Stato islamico, non più solamente in Iraq, ma anche e soprattutto in Siria.
Né serve molto che il presidente Obama, così tirato in causa, abbia dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti a ricevere entro i prossimi dodici mesi 10mila profughi siriani, numero che pare a me ridicolo, considerata la grandezza del Paese da cui proviene l’offerta.
La parte valutativa da cui è partito Juncker e che è tempo ora di sottolineare, è chiusa soprattutto nella seguente frase, da lui pronunciata: «La Ue non versa in buone condizioni, in questa Unione europea manca l’Unione e manca l’Europa. Tutto questo deve cambiare».
Non è un caso che il presidente della Commissione abbia precisato che l’Europa nella quale vorrebbe vivere, che maggiormente ricorda i principi del Manifesto di Ventotene, è quella del panettiere di Kos, che prepara i panini per i rifugiati, degli studenti che offrono il loro aiuto nelle stazioni tedesche e infine di coloro che alla stazione di Monaco hanno accolto i profughi siriani con un lungo applauso e intonando l’Inno alla gioia.
Insomma, l’Europa non c’è e l’Unione non c’è se non c’è anche la grande solidarietà umana. E come posso non ricordare che questa esigenza di solidarietà ha invero radici molto profonde, nella più antica poesia europea, quella dell’Odissea, elevando Ulisse ad emblema della tragedia dei migranti.
Ulisse, sbattuto dal mare contro un’ampia scogliera, infelice si salva giungendo in territorio a lui sconosciuto e si nasconde fisicamente distrutto e lacerato sotto un vasto fogliame, addormentandosi «prostrato dal sonno e dalla stanchezza». Svegliatosi sulla spiaggia dalle grida di Nausicaa e delle sue ancelle, che giocavano alla palla, ha il coraggio di uscire coperto solo da un ramo frondoso e appare alle fanciulle «orrido, bruttato dalla salsedine, sicché l’una e l’altra di là scapparono verso la spiaggia, fino dove sporgeva sul mare». Sorpreso dalla presenza della bella Nausicaa, a lei chiede: «mostrami la città e dammi uno straccio di panno da mettermi intorno alle reni» (Omero, Odissea, trad. it. Carlo Saggio, Ricciardi ed., Napoli Milano, 1968), finché Nausicaa gli indica la strada per raggiungere suo padre Alcinoo, re dei Feaci, dal quale viene accolto come un ospite inviato dagli Dei.
All’Europa ora manca soprattutto il canto di Nausicaa.