venerdì 11 settembre 2015

il manifesto 11.9.15
Riforme, Renzi senza numeri tentato dal rinvio
Lo «scouting» di Lotti non fa breccia.
Ipotesi di anticipare le unioni civili. Ma il rischio è far saltare l’Ncd, già lacerato
Alfano: «Chi vuole se ne vada»
di Andrea Colombo


«Vogliamo tutti che la riforma venga approvata entro il 15 ottobre e se possibile con qualche giorno di anticipo», parola di Luigi Zanda, reduce dalla prima riunione convocata per quadrare il cerchio tra maggioranza e minoranza Pd. Missione impossibile: sul punto della emendabilità dell’art. 2 sul Senato elettivo nessuna delle due parti intende cedere di un millimetro. Dagli spalti del governo tutti confermano le parole del capo dei senatori: la riforma va approvata entro metà ottobre, prima che parta la giostra della legge di bilancio.
Eppure, nonostante le assicurazioni, qualche dubbio, inconfessato o tutt’alpiù sussurrato, comincia a circolare. Il fatto è che sul pallottoliere di Luca Lotti i conti continuano a non tornare. Gli incontri inaugurati ieri mattina non approderanno a nulla e lo sanno tutti. Ieri sera si è incaricato di cercare una ulteriore mediazione Roberto Calderoli. La sua proposta prevede un Senato elettivo, ma anche il leghista prevede quell’intervento sull’articolo 2 che Renzi non è disposto a concedere a nessun costo. Dunque, alla fine, recuperare metà dei 28 dissidenti sarebbe già un risultato da fregarsi le mani.
Poi ci sono i segnali negativissimi provenienti dalla destra, quella di governo e quella d’opposizione. L’Ncd ormai nemmeno più nasconde la lacerazione. Certo Alfano il Capitano prova a ripetere che tutto va benone, e quindi «chi vuole andare con Berlusconi, Renzi, Grillo o Salvini vada, io vado avanti con chi vuole stare con me». E’ solo un modo indiretto per ammettere che di senatori e deputati che nel progetto di Angelino non credono più ce ne sono tanti. Tutta colpa di quei sondaggi che danno gli ex azzurri sotto il 2%, lontanissimi dalla soglia del 3% necessaria per entrare in Parlamento con l’Italicum. Il patto con cui il ministro degli Interni prova a salvare la situazione, un accordo con Renzi che prevederebbe una quindicina di eletti Ncd nelle liste del Nazareno, è quasi un rimedio peggiore del male: si tratterebbe di una decimazione in piena regola.
Sul fronte azzurro, le notizie sono altrettanto poco confortanti. Nessuna speranza di un voto a favore delle riforme da quelle parti, ma palazzo Chigi conta su una fila di uscite strategiche dall’aula nei momenti giusti: quando si voterà l’art. 2, probabilmente non emendato dal momento che difficilmente il presidente Grasso concederà di riaprire i giochi, e quando si arriverà al voto finale. Ma le defezioni forziste promettono di essere pochine. L’arma di Renzi, si sa, è la minaccia di elezioni anticipate, che però dovrebbero passare l’ostacolo Quirinale, dato che Mattarella non intende sciogliere le camere. Ma soprattutto nelle residue truppe di Berlusconi si sta facendo largo l’opinione che, anche se Renzi dovesse usare il suo cannone, in fondo potrebbe trattarsi del male minore. Si voterebbe per entrambe le camere con il proporzionale. Dopo le elezioni un accordo tra Pd e Fi sarebbe quasi obbligatorio, e a quel punto difficilmente l’ex cavaliere accetterebbe di incoronare ancora il fiorentino.
Renzi non ha alcuna intenzione di arrivare all’appuntamento con la legge di stabilità dopo una sconfitta così sonora come quella che sta concretamente rischiando. Al contrario, la sua strategia prevede di affrontare il capitolo finanziaria dopo un successo d’immagine indiscutibile: o la riforma costituzionale o le unioni civili. Se nei prossimi giorni non si sbloccherà la situazione sulla riforma, potrebbe quindi risultare conveniente procedere con l’altra legge-trofeo. Ma anche in questo caso, la rosa ha molte spine. Le unioni civili comportano inevitabilmente uno scontro con l’Ncd. La legge passerebbe comunque, con il voto dell’M5S e quasi certamente anche di Sel. Ma il viatico per le riforme non potrebbe essere peggiore. Dunque, alla fine, Renzi deciderà probabilmente di mantenere la rotta fissata e tentare il tutto per tutto sulle riforme.