venerdì 11 settembre 2015

Corriere 11.9.15
L’impotenza reciproca costringe tutti a trattare
di Massimo Franco


La spinta a trovare un accordo sta aumentando. La moltiplicazione delle sedi di discussione dà il senso di una volontà di dialogo che fino a pochi giorni fa non era scontata. E può cominciare ad aprire qualche crepa negli aut aut reciproci che il governo di Matteo Renzi e la minoranza del Pd hanno continuato ad opporsi a qualunque ipotesi di intesa. Non è ancora chiaro su che cosa si raggiungerà un compromesso. La sensazione è che l’articolo 2, quello sull’elezione dei senatori, sia una bandiera solo in apparenza irrinunciabile: dal premier e dagli avversari.
Aumenta la consapevolezza che uno scontro prolungato possa portare ad una spirale destabilizzante. I segnali che arrivano discretamente dal Quirinale lasciano capire che una crisi di governo sarebbe, oltre che inopportuna, rischiosa; e dunque è bene prevenirla. La cautela del presidente del Senato, Piero Grasso, sulle modifiche all’articolo 2 conferma la volontà di permettere al Pd di ritrovare un simulacro di dialogo. E lo stesso Renzi è stato convinto a mostrarsi più disponibile a trattare. Per questo le voci di un ricorso alla fiducia per votare la riforma del Senato, e cioè una legge costituzionale, sono di colpo state smentite.
Sarebbero suonate come una forzatura tale da acuire e non attenuare le resistenze. In questo momento, il presidente del Consiglio non se lo può permettere: i voti della maggioranza sono davvero appesi ad un filo. Non si tratta solo del conflitto nel Pd, con l’ex segretario, Pier Luigi Bersani, che lo invita a parlare con quanti sono in disaccordo con Palazzo Chigi, perché non vuole la scissione: un modo indiretto per dire che altrimenti Renzi rischia di ritrovarsi il partito lacerato. Anche il nervosismo palpabile di Angelino Alfano, ministro dell’Interno e leader del Nuovo centrodestra, segnala un altro fronte aperto: piccolo ma pericoloso.
L’ipotesi di un’alleanza strategica col centrosinistra renziano, abbinata a riforme istituzionali che non tutti condividono, sta accentuando le tendenze centrifughe; e indebolendo la coesione della coalizione governativa. La stessa idea di arrivare al «sì» arruolando pezzi di Forza Italia deve fare i conti con una situazione tutt’altro che tranquilla anche dentro il movimento di Silvio Berlusconi. Insomma, la sensazione è che Renzi non possa vincere come vorrebbe; ma che anche i suoi oppositori non siano in grado di piegare il premier fino a fargli accettare l’elezione diretta dei senatori. Il cambio di clima, sebbene ancora all’inizio, è figlio dunque di questa doppia impotenza.
Sembra che tra gli esponenti della minoranza non sia stata gradita la decisione del governo di sottrarre i fondi destinati agli esodati, per finanziare invece l’abolizione delle tasse sulla casa. L’episodio ha riacuito la diffidenza nei confronti del premier. Ma la volontà di andare avanti è prevalente. La decisione di creare un «tavolo» con senatori e deputati serve a garantire che qualunque decisione poi non sarà cambiata nel passaggio da un ramo all’altro del Parlamento. Ma per arrivare ad una soluzione si dovrà frenare una voglia di resa dei conti accarezzata troppo a lungo. E ancora forte, dentro il Pd.