il Fatto 5.9.15
Il Jobs Act, ovvero che ci fai col Parlamento se hai Squinzi?
di Marco Palombi
Il JobsAct è completo, ora anche gli ultimi decreti attuativi sono stati approvati. Una sua breve storia aiuterà a dimostrare che, se il ddl Boschi abolisce (quasi) il Senato, il governo s’è portato avanti abolendo già l’intero Parlamento,sostituitodalCentrostudi di Confindustria.
A gennaio 2014 Renzi è segretario del Pd e annuncia il Jobs Act per uccidere il precariato. Ad aprile è già a Palazzo Chigi e presenta una legge delega sul tema in cui non c’è scritto niente. A maggio 2014 Confindustria pubblica il documento Proposte
per il mercato del lavoro. Come si legge a pagina 7, le richieste sui contratti a tempo indeterminato sono tre: via il reintegro in ogni caso di licenziamento ingiusto tranne quelli discriminatori (abolire la Costituzione è difficile); permettere di demansionare i dipendenti; permettere i controlli a distanza sui lavoratori tramite pc, telefoni e altri dispositivi (non le telecamere). Tra settembre e ottobre 2014 gli emendamenti governativi realizzano queste e altre richieste degli industriali. La delega passa in Senato con la fiducia.
Poi arrivano i decreti attuativi: per due volte (licenziamenti collettivi e controlli a distanza) il Parlamento chiede modifiche, per due volte il governo – l’ultima ieri – se ne frega e adotta il testo di Confindustria. Traduzione politica: la prossima modifica della Costituzione, come l’intendenza, seguirà. I rapporti di forza tra partiti e impresa (e finanza) ad oggi sono questi. Tutto bene, se solo Arlecchino non si credesse il padrone.