venerdì 4 settembre 2015

Corriere 4.9.15
Festival di Venezia 2015
L’intervista «Quell’ultimo giorno di Rabin Il mio film è un atto d’accusa»
Amos Gitai: documento i legami dei servizi con l’estrema destra
di Valerio Cappelli


DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA T re colpi che uccisero la pace. «Ho fatto questo film per aiutare a correggere un’ingiustizia della commissione Shamgar, che fu incaricata dalla Suprema Corte di investigare sull’assassinio di Yitzhak Rabin», anticipa Amos Gitai, il celebre regista noto per il suo impegno civile e pacifista. Rabin, the Last Day , uno dei film più attesi in gara, un atto d’accusa forte, ricostruisce l’ultimo giorno di vita del leader israeliano. Fu colpito a morte da un estremista ebreo il 4 novembre di vent’anni fa, mentre stava lanciando un appello al dialogo davanti a migliaia di sostenitori a un raduno pacifista.
Gitai, nell’inchiesta sull’assassinio, gli apparati di sicurezza del suo Paese si divisero .
«La commissione, che prese il nome da Meir Shamgar, presidente della Corte Suprema, interrogò i bodyguard di Rabin, il suo autista, più gli ufficiali di polizia e i medici dell’ospedale. Settantadue testimoni. L’indagine, dei cui atti ho avuto trascrizione, riconobbe la divisione dei corpi di sicurezza in vari gruppi e la connessione con elementi di estrema destra».
Quali furono le lacune della commissione?
«Le rispondo con una domanda: com’è possibile che un primo ministro venga nel cuore di Tel Aviv in una piazza gremita di gente? La commissione aveva mandato solo sul collasso operativo nella scena del delitto, non sull’incitamento che armò la mano del killer. In un certo senso, questo film è la commissione d’inchiesta che non c’è mai stata. Non riguarda solo un evento brutale, ma un’ombra che si riflette sull’Israele dei nostri giorni».
Come si vive la situazione nella pancia del Paese?
«C’è una crescente impunità sui delitti di odio. La prospettiva di pace si è vanificata dopo novanta tentativi. Gli uomini che hanno reso possibile quell’omicidio sono ancora nei paraggi, alcuni di loro stanno flirtando col potere. Sono preoccupato dalla spinta religiosa clandestina nel cuore di una società secolare. È una malattia che può distruggere l’idea democratica su cui Israele è stata fondata: nella mia mente è nata da uno sforzo politico, non religioso».
Perché ha voluto che nessun attore interpretasse Rabin?
«Lo scopo non era quello di crearne il culto della personalità, e nemmeno di sostituirlo con un attore. Rabin aveva già un’aura attorno a sé, ho costruito il film attorno alla sua assenza, come un grande buco nero. Ma ritroviamo la sua integrità e semplicità, i suoi modi schietti. D’altro canto, non mi sono concentrato sul killer. In Israele siamo abituati a confrontarci con la violenza quotidiana. Non volevo mitizzare la Storia, ho preferito comprendere piuttosto che promuovere la speranza di un futuro migliore. La fine di Rabin rivelò un mondo fosco e minaccioso che rese possibile la sua tragica morte. La sottocultura di odio riempita da una retorica isterica, la paranoia e gli intrighi politici, i coloni per cui la parola pace significa tradimento, i rabbini estremisti che condannarono Rabin invocando un oscuro ruolo del Talmud, il testo sacro dell’ebraismo».
Come ha lavorato con gli attori?
«Li ho coinvolti fin dalla fase della scrittura. Ho studiato filmati d’epoca e contemplato come trasporli in una forma narrativa cinematografica. La sfida del film era come trovare il giusto mix tra messinscena (in cui abbiamo usato le esatte parole pronunciate nell’inchiesta) e materiale d’archivio, che è talmente potente da non desiderare di ricrearlo. Ho anche utilizzato interviste a Shimon Peres, che era ministro degli Esteri di Rabin, e alla vedova Leah. Ho fatto questo thriller politico come cittadino israeliano, prima che come regista. Uscirà il 4 novembre, nel ventennale dell’omicidio, nell’Auditorium della Israel Philharmonic Orchestra, a 200 metri dal luogo della morte».
L’anno prima di essere ucciso, Yitzhak Rabin fu insignito (insieme con Yasser Arafat e Shimon Peres) del premio Nobel per la Pace .