Corriere 8.9.15
«Capisco se qualcuno è tentato ma FI non voterà la riforma»
Romani: con un passaggio senza modifiche diremo no al referendum
di Paolo Di Caro
ROMA Magari non porterà ad un «regime», come paventa Berlusconi. Ma la riforma del Senato che Renzi continua a difendere e che non vuole modificare nei suoi punti essenziali, per Forza Italia «non è accettabile». Di più. Se si arriverà al referendum su un testo costituzionale passato «per pochissimi voti», gli azzurri sono pronti a schierarsi per il no assieme a tutte le altre opposizioni, con il rischio che «anche questa volta riforme che servono al Paese falliscano». Parola di Paolo Romani, presidente dei senatori di FI, che pure nel suo partito è considerato tra i più disponibili ad una possibile trattativa che ad oggi però, assicura, non c’è.
Il premier non vuole «perdere tempo», e annuncia che entro metà ottobre il Senato deciderà. Poi sarà referendum. Voi come rispondete?
«Renzi sembra parlare di tempi delle riforme senza conoscerne né termini né contenuti. La stessa maggioranza si rende conto che sull’articolo 55, che riguarda la natura del Senato, si dovrà intervenire perché la Camera lo ha di fatto derubricato a organo inutile, sottraendo competenze».
E perché è successo?
«Perché giustamente non si possono affidare competenze di peso a un organo i cui componenti non abbiano legittimità democratica. Se i senatori non vengono eletti dai cittadini, come noi chiediamo, il ruolo di controllore del Senato non solo sul governo ma anche sui rapporti tra Unione Europea e autonomie è impossibile. Un sistema per funzionare deve avere al suo interno checks and balances , questo ne è privo».
Per intervenire sul criterio di elezione dei senatori però bisognerebbe modificare l’articolo 2 del testo, e dunque sarebbe necessaria una nuova doppia lettura delle Camere, che per Renzi è solo una perdita di tempo.
«Ma niente affatto, nessuno di noi vuole perdere tempo. Sappiamo tutti che questa legislatura dovrà essere costituente, ma non si possono fare le riforme male solo per poterle fare in fretta».
È vero però che voi avevate votato al Senato il testo che oggi non riconoscete più.
«Ma le cose in politica cambiano in fretta, per questo dobbiamo prenderci il tempo necessario per non fare riforme squilibrate. Quando si immaginò un Senato di non eletti direttamente si pensava anche che il sistema si sarebbe avviato verso il bipartitismo. Ma sta avvenendo il contrario. Oggi ci sono almeno tre grandi partiti, e con l’Italicum potrebbero andare al ballottaggio due forze del 25% e quella vincente con il premio di maggioranza arriverebbe al 55%: in un sistema monocamerale significherebbe detenere tutto il potere».
È il «rischio regime» che evoca Berlusconi?
«Sicuramente con una legge elettorale così congegnata e un Senato irrilevante il rischio dell’uomo solo al comando, tanto più con questo Renzi che si è impadronito del partito, esiste. Ma possiamo ancora scongiurarlo».
Come?
«Nel Pd si muovono come se avessero una ampia maggioranza: non è così».
Veramente c’è chi sostiene che voti aggiuntivi potrebbero arrivare proprio da FI...
«Capisco che qualcuno dei nostri possa avere la tentazione di votare una riforma che in gran parte abbiano condiviso, ma da domani ( oggi ndr ) con la riunione del nostro gruppo, inizia un percorso comune che ci vedrà uniti e protagonisti».
E se così non fosse? Siete pronti al referendum?
«Una riforma costituzionale varata da un unico partito con una maggioranza risicatissima, ci porterebbe sicuramente a schierarci per il no. Con il rischio altissimo di un ennesimo fallimento per riforme invece preziose per il Paese».