domenica 6 settembre 2015

Corriere 6.9.15
«Una mediazione già bocciata La toppa è peggiore del buco»
Gotor: non siamo spaccati, vogliamo cambiare l’articolo 2
intervista di Monica Guerzoni


ROMA «La mediazione del governo? Sembra di essere a Striscia la notizia... ».
Cosa c’entra con le riforme, senatore Miguel Gotor?
«Vedo segni di nervosismo. A quanto ne sappiamo si tratta di una presunta mediazione, una cosa vecchia presentata come nuova. Di listino si era già discusso a luglio nelle sedi opportune, la commissione Affari costituzionali. E la proposta era già stata criticata, perché insufficiente».
È insufficiente per voi della minoranza del Pd.
«Secondo noi il luogo di un compromesso autentico implica la riapertura dell’articolo 2, sulla elettività del Senato. Questa sì, sarebbe una mediazione all’altezza della Costituzione».
Il listino non lo è?
«No, è una toppa peggiore del buco e non risolve il problema che noi segnaliamo dai tempi dell’Italicum. Le due riforme vanno viste insieme e il problema è quello di una rappresentanza decisa a tavolino, dove oltre tre quarti dei nuovi parlamentari sarebbero nominati. C’è un problema di equilibrio e questa sedicente mediazione non lo risolve».
Perché?
«Perché fa finta che questo nodo del rapporto tra riforma elettorale e riforma del bicameralismo, che indirettamente muta la forma di governo, non esista. Poi ci sono questioni di carattere giuridico che, quando si discute la Costituzione, sono sostanza. Non è possibile che siano indicati in uno stesso testo due corpi elettorali distinti: all’articolo 2 i consiglieri regionali che eleggono i senatori e poi, in un altro articolo, i cittadini che concorrono».
È vero che Bersani cerca l’accordo, perché ha capito che la vostra gente non vi segue in questa battaglia?
«Non commento le veline di Palazzo Chigi, evidente segno di nervosismo. Il rimando a una legge ordinaria pone il problema che le Regioni hanno in materia elettorale una autonomia costituzionalmente garantita. Tu non puoi demandare a una legge ordinaria, perché è di grado più basso. Terza questione, non si capirebbe come sarebbero eletti i sindaci».
Tra i 25 firmatari del vostro documento non c’è unità di vedute, i renziani sono convinti di potervi spaccare.
«Smentisco. C’è unità, condivisione e riflessione comune. Nel Pd siamo tutti d’accordo nel superare il bicameralismo perfetto e il regime della doppia fiducia: questa è la sostanza riformatrice. Salvaguardiamo questo nucleo riformatore e interveniamo sull’articolo 2, è questa la strada maestra per arrivare a una mediazione che non sia un pastrocchio».
Renzi si è stancato dei vostri veti.
«È chi dichiara intoccabile l’articolo 2 a porre veti e ultimatum, con annessa minaccia di crisi di governo. Il segretario del Pd si impegni a unire il partito nel merito. Al premier consiglio invece maggiore discrezione, il governo non può avere la pretesa di dettare le virgole di una riforma costituzionale. Non è mai avvenuto».
Hanno messo nel conto che metà di voi non la voteranno.
«Non è vero che siamo spaccati. Chiediamo la modifica dell’articolo 2 e la chiederemo fino all’ultimo. E poi, scusi, se davvero Renzi avesse avuto i numeri, la riforma l’avrebbe già chiusa ad agosto».
Lei non la voterà?
«Aspettiamo la decisione di Grasso, il presidente ci dovrà dire se l’articolo 2 è emendabile oppure no. Se lo è, voteremo i nostri emendamenti».
Per far cadere il governo?
«È una drammatizzazione impropria. La riforma viene fatta dal Parlamento e c’è un patrimonio condiviso che va valorizzato».
Se Grasso vi delude, ne uscirete a pezzi.
«Noi siamo impegnati a fare al meglio le riforme costituzionali. Dopodiché, si va avanti e si è conseguenti».