domenica 27 settembre 2015

Corriere 27.9.15
Le carte sugli affari di Tiziano Renzi
In settimana la scelta del gip
di Erika Dellacasa


GENOVA Il gip Roberta Bossi deciderà nei prossimi giorni: archiviare o rinviare Tiziano Renzi a giudizio. La posizione del padre del premier, indagato per bancarotta a Genova, sembra essere su un’altalena: dopo il clamore dell’apertura dell’inchiesta penale la Procura aveva chiesto l’archiviazione e tutto sembrava avviato a un nulla di fatto quando uno dei creditori si è opposto e il gip ha chiesto chiarimenti. Nel frattempo la Guardia di finanza ha prodotto documenti e pochi giorni fa si è tenuta l’udienza preliminare. Dalle tremila pagine dell’inchiesta — al di là della effettiva rilevanza penale di cui i pm dubitano tanto da chiedere l’archiviazione — emergono particolari che possono creare qualche imbarazzo. Tutto ruota sulla cessione della Chil Post, la società di marketing di Renzi senior, a Franco Massone nel 2010 (preceduta dal passaggio di un ramo d’azienda dal padre alla madre di Matteo Renzi) e sulla concessione di un mutuo alla Chil Post nel 2009 dal Credito Cooperativo di Pontassieve, pratica curata da Marco Lotti padre di Luca, fedelissimo del premier. Penalmente il punto è: c’era ancora Tiziano Renzi «dietro» Massone? Da una nota interna della banca toscana sequestrata dalle Fiamme Gialle i funzionari mettono nero su bianco la parola «prestanome»: «...per poter acquisire nuove quote di mercato la Chil Post deve essere formalmente venduta a terzi che all’atto pratico figurerebbero da prestanome». La circostanza è stata smentita da Tiziano Renzi, interrogato dai pm che ha però dichiarato — incongruamente — «io decidevo, la gestione era mia». Renzi senior ha anche respinto l’ipotesi che la cessione della Chil Post sia stata decisa — come afferma una collaboratrice di Massone (in causa con lo stesso) Cristina Macellaro — per svincolare le sorti della società dalla famiglia. La cessione — ha detto ai pm la Macellaro — avvenne poiché i Renzi volevano allontanare l’azienda «dallo stesso nome Renzi considerata l’intrapresa carriera politica del figlio Matteo». Nulla di vero, ha dichiarato Tiziano Renzi. La cessione avviene perché lui, avendo «annusato» le perplessità della banca, cerca soluzioni alternative «libero dal senso di colpa per non aver completamente ottemperato a un impegno preso con Lotti». Quanto al prestito concesso dal Credito Cooperativo, Marco Lotti, ascoltato dagli inquirenti, ha dichiarato che non ci furono favoritismi: «C’erano tutti i presupposti e io gestii solo una parte della pratica». Il prestito non è stato interamente restituito. La Chil Post è fallita. Ora parola al gip.