sabato 19 settembre 2015

Corriere 19.9.15
Torna a crescere la fiducia in Renzi Pd al 33% davanti a M5S, risale FI
Salvini arretra ma è secondo con Meloni, poi Di Maio. Forza Italia si riavvicina alla Lega
di Nando Pagnoncelli


I sondaggi realizzati nel mese di settembre solitamente fanno registrare un peggioramento del clima sociale e un calo di consensi per il governo e le istituzioni, conseguenza del rientro dalle ferie e delle prospettive incerte. Basti pensare che nel settembre dello scorso anno, dopo la revisione al ribasso delle stime del Pil e la previsione di chiudere l’anno nuovamente in recessione, la fiducia in Renzi era diminuita di 10 punti rispetto al mese di luglio. Quest’anno le cose sembrano andare diversamente: il premier guadagna 5 punti di fiducia rispetto a luglio, passando dal 32% al 37%.
Le ragioni di questo aumento sembrano riconducibili all’andamento dell’economia e alla riforma del Senato. L’aumento del Pil superiore alle previsioni, il miglioramento dei dati occupazionali, la crescita dei consumi nonché le prospettiva di ridurre le tasse, rappresentano segnali che fanno intravvedere la luce in fondo al tunnel della crisi. Certo, sono segnali deboli, tutti da consolidare, soprattutto in un periodo caratterizzato da una forte volatilità delle opinioni.
Quanto alla riforma del Senato che, come abbiamo visto nel sondaggio della scorsa settimana, incontra il largo favore dei cittadini (nonostante il malumore per la non elettività) il duro scontro di queste settimane sembra rafforzare la volontà di cambiamento di Renzi.
Tra gli altri esponenti politici rilevati nel sondaggio odierno si registra il secondo posto di Meloni e Salvini (quest’ultimo in calo di 4 punti rispetto a luglio) seguiti da Di Maio, Grillo, Berlusconi, Alfano e Vendola, con valori sostanzialmente stabili.
Lo scenario elettorale non presenta variazioni di rilievo rispetto alla rilevazione dello scorso mese di giugno: il Pd si mantiene in testa (33,1%, +1,6% rispetto a giugno) seguito dal Movimento 5 Stelle (27%), dalla Lega (13,7%, in calo di 1%), incalzata da Forza Italia (12,8%). I centristi di Area popolare (3,7%) fanno registrare una lieve flessione, come pure Fratelli d’Italia che ottiene lo stesso risultato di Sel (3,5%). Astensionisti e indecisi rappresentano poco più di un elettore su tre (34,9%).
Cumulando i risultati di più cicli di sondaggi recenti (per poter disporre di dati solidi e affidabili) e confrontandoli con gli orientamenti di voto dei mesi precedenti emergono alcune indicazioni interessanti. Vediamole in dettaglio.
1. Il Pd sembra beneficiare del miglioramento del clima di fiducia e continua a registrare un piccolo ma costante cambiamento della composizione interna dei propri elettori. Rispetto alle elezioni europee pur mantenendo una fedeltà elevata (oltre due elettori su tre) perde all’incirca un milione di elettori e i flussi elettorali mostrano una perdita più consistente in direzione dell’astensione (i delusi che consideravano il Pd renziano una sorta di «ultima spiaggia») e del Movimento 5 Stelle. In generale è la componente che si colloca più a sinistra ad aver voltato le spalle al partito che, al contrario, guadagna consensi provenienti dall’area centrista e di Forza Italia e da chi si era astenuto alle Europee.
2. Il M5S sta consolidando il proprio consenso che appare tutt’altro che una «bolla» generata dalle reazioni alle inchieste giudiziarie (in primis Mafia Capitale) rafforzando l’opinione che il Movimento sia l’unico soggetto politico integro. Infatti a ciò si aggiungono alcune scelte particolarmente premianti: innanzitutto l’emergere di una leadership giovane, competente, propositiva, caratterizzata da uno stile molto distante dai toni forti del leader storico; inoltre la scelta di partecipare ai talk televisivi ha reso popolari i giovani esponenti, dato che la tv continua a rappresentare il principale mezzo di informazione degli italiani; infine la proposta del reddito di cittadinanza ha ottenuto un forte consenso da parte dei ceti più esposti alla crisi economica (studenti, disoccupati, operai) che, peraltro, sono quelli che hanno maggiormente voltato le spalle al Pd.
3. La crescita della Lega Nord si è fermata: oggi appare in difficolta ad allargare il proprio consenso presso l’elettorato moderato, spesso spaventato dai toni estremi, dalle «ruspe» alle parole utilizzate nello scontro con i vescovi. A ciò va aggiunto che il parziale cambiamento di atteggiamento degli italiani nei confronti dell’immigrazione, dopo le emozioni suscitate dalle recenti immagini dei profughi e il colpo d’ala dell’Europa (e della Germania) su questo tema, ha indebolito il cavallo di battaglia di Salvini.
4. Nel centro destra Forza Italia si è avvicinata alla Lega, ma si conferma una forte difficoltà ad aggregare consenso in assenza di un’alleanza, di un progetto e di una leadership condivisa. Permane un consistente elettorato «moderato» che appare orfano, indeciso tra la scelta di un partito di centro o di centrodestra e sospeso tra l’astensione e la tentazione di votare per il Pd di Renzi nella versione «Partito della nazione».
5. La stessa difficoltà si riscontra a sinistra del Pd dove fatica ad emergere un progetto convincente: non a caso è il M5S a beneficiare della componente di sinistra delusa dai democratici.
Insomma, in uno scenario complessivo apparentemente stabile, si osservano cambiamenti significativi nella composizione degli elettorati dei singoli partiti. Sono cambiamenti che confermano la fluidità che ha preso avvio con le elezioni del 2013 e che rischia di mettere in difficoltà i leader nell’individuare aspettative e bisogni dei propri elettori .