Corriere 15.9.15
Renzi: l’articolo 2 è un capitolo chiuso 3 mila circa (2.833) sono gli emendamenti all’articolo 2 del ddl Renzi Boschi depositati in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama
L’incontro con Mattarella per discutere di politica estera ma le riforme sono sullo sfondo Il premier ai suoi: ogni decisione o trattativa ulteriore verrà dopo la scelta di Grasso
di Marco Galluzzo
ROMA «Per me quello dell’articolo 2 è un capitolo chiuso, non tratto su questo punto, non si può ricominciare daccapo, parliamo di un testo già votato». Matteo Renzi ha dato disposizione ai suoi di cercare un accordo il più ampio possibile, di studiare altre strade (sembra che si possa spostare la questione dell’elettività del Senato all’articolo 35 della riforma, che modifica il 122 della Costituzione) per arrivare a un’intesa che riguardi non solo garanzie e funzioni, ma anche la modalità di elezione dei futuri senatori. Il tutto a una condizione: non toccare l’articolo 2, non far fare passi indietro al percorso della riforma istituzionale.
Se poi il presidente del Senato, Pietro Grasso, quando la riforma arriverà in Aula, secondo lo schema di Palazzo Chigi a inizio di ottobre, giudicasse emendabile l’articolo 2 si aprirebbero per il governo due strade: affrontare una votazione che a quel punto potrebbe anche essere ininfluente e superata da un accordo interno al Pd, oppure aprire ulteriori trattative con i senatori che dovessero mettere a rischio il voto. Ma solo dopo la decisione di Grasso: «Ogni decisione o cambiamento o trattativa ulteriore viene dopo, non prima», ripete il presidente del Consiglio.
Ovviamente nello staff del capo del governo, nelle articolazioni istituzionali del Partito democratico, si lavora per togliere sostanza politica alla decisione che dovrà prendere la seconda carica dello Stato. Ieri il capo del governo è stato a colazione con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ufficialmente non si è discusso di riforma del Senato, solo un giro d’orizzonte generale, soprattutto di politica estera ed europea (prossimo Consiglio di Bruxelles su immigrazione, Assemblea dell’Onu a fine mese), ma è plausibile che i due abbiano comunque toccato i punti più delicati del tragitto del superamento del bicameralismo perfetto: ed è chiaro che se nel Pd si riuscisse ad arrivare a un punto di incontro sull’elezione dei futuri senatori, spostando il «contenitore» dall’articolo due ad altro articolo della riforma, allora anche la decisione del presidente di Palazzo Madama perderebbe quella crucialità che al momento conserva.
Ieri intanto si sono materializzati i tempi dettati dal presidente del Consiglio: lo ha detto il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, si punta a chiudere tutto «entro il 15 ottobre». C’è dunque un mese di lavoro davanti, quattro settimane, di cui almeno due in Commissione, durante le quali potrebbe irrobustirsi quell’anima dialogante della minoranza democratica che al momento sembra essere in espansione. «Siamo tutti d’accordo che dobbiamo chiudere entro il 15 ottobre, questo mi sembra già positivo», ha chiosato ieri la Boschi. Mentre Renzi in serata replica alle ultime dichiarazioni dell’ex segretario dei Ds: «D’Alema dice che il Pd va male perché nei sondaggi è dato al 34 per cento che è il doppio di quando D’Alema era segretario dei Ds. Poi se vuole si candidi alle primarie e vediamo chi vince. Se D’Alema avesse deperito i Ds quanto noi abbiamo deperito il Pd la storia sarebbe stata diversa». Renzi esclude anche di lasciare la segreteria del Partito democratico ed esclude anche intese con gli alleati dell’Ncd che chiedono modifiche all’Italicum.