lunedì 14 settembre 2015

Corriere 14.9.15
«Il mio New Labour ha smesso di lottare»
di Peter Mandelson
ex consigliere di Tony Blair e ideologo del New Labour


L’intervento dell’ex consigliere di Tony Blair e ideologo del New Labour: «Con Corbyn il dado è tratto. Il partito si era seduto sugli allori: ora dobbiamo lottare per tornare al centro del Paese e del partito. Tutti i modernizzatori del Labour devono prendersi una parte di responsabilità: non ci siamo rinnovati».

Il dado è tratto, Jeremy Corbyn è stato eletto alla guida del partito laburista. Se da una parte mi felicito con lui, dall’altra è innegabile che il Labour oggi deve affrontare una questione esistenziale: continuare a svolgere il suo ruolo storico nel governo o accontentarsi di agire ai margini della politica. Il problema non risiede nei valori o nella personalità di Corbyn, quanto nelle sue opinioni e nel suo programma, che si situano all’ala estrema delle posizioni tradizionali laburiste e costituiscono una rivisitazione degli atteggiamenti degli anni Ottanta che consentirono a Margaret Thatcher di mettere a segno una serie di vittorie elettorali. Era un programma che non poteva funzionare allora e certo non funzionerà tre decenni più tardi.
Il progetto laburista, lanciato all’epoca da Neil Kinnock, capo del partito, fu quello non solo di allontanare le frange militanti più estremiste, ma di elaborare un programma credibile, per migliorare le condizioni di vita di molti, non solo di una parte della popolazione, rafforzando l’economia e costruendo un Paese moderno e tollerante. Questo comportò una censura delle posizioni più estreme, che Neil paragonò «all’estrazione dei denti». Il coraggio e la tenacia di Neil la spuntarono e spianarono la strada al successo elettorale di Tony Blair.
Un ritorno alle posizioni di estrema sinistra degli anni Ottanta non ha senso per il Labour oggi, e ci consegnerebbe a un ruolo di protesta anziché di potere; né riuscirebbe a dare risposte realistiche ai problemi con i quali devono misurarsi tanto la Gran Bretagna che il resto del mondo.
Ma come si spiega il salto all’indietro del Labour? Mentre i moderati si adoperavano a sostegno di tre diversi candidati — Yvette Cooper, Andy Burnham e Liz Kendall — la sinistra dura e pura ne ha appoggiato uno solo. E sono riusciti nell’intento attingendo a maggiori finanziamenti con il sostegno dei sindacati. Questa è la differenza cruciale rispetto ai tempi di Kinnock: allora i sindacati lo aiutarono a piazzare il partito laburista in area di centrosinistra, stavolta alcuni leader sindacali hanno creato il problema. La domanda più difficile è perché tanta gente abbia votato per Corbyn, non solo i nuovi sostenitori, ma anche i ranghi storici. Esiste una profonda delusione verso la politica attuale che non avevamo afferrato appieno.
Tutti i modernizzatori del Labour devono prendersi una parte di responsabilità, assieme ad altri membri del partito. Siccome il New Labour aveva riscosso un tale successo elettorale, ci siamo seduti sugli allori, mentre avremmo dovuto rinnovare il nostro modo di pensare per rivolgerci alla nuova generazione. Inoltre, e per troppo a lungo, abbiamo lasciato che altri nel partito definissero falsamente l’operato dei laburisti al governo come «conservatore-light». Non volevamo sembrare sleali verso la leadership e così abbiamo piegato la testa e siamo rimasti intimoriti dagli sforzi sistematici, di Ed Miliband e di altri, per delegittimare le opinioni del New Labour in seno al partito.
Non sarà possibile riconquistare il grosso centro della politica britannica se non sapremo ricostruirlo all’interno del partito. Un partito di successo ha bisogno di valori forti, un’identità chiara e un programma che appaia serio e realizzabile. E il leader deve incarnare queste cose. Siamo riusciti ad alienare il nord, indebolire la nostra base nel Midlands, girare le spalle al sud e perdere la Scozia. E non è stata solo colpa di Miliband. La gente ha visto che il Labour non si sforzava per rinnovarsi. Dobbiamo capire che una coalizione limitata a raccogliere il settore statale, gli attivisti sindacali, la classe media metropolitana, i giovani idealisti e le minoranze etniche urbane non rappresenterà mai una maggioranza elettorale. Dobbiamo provare che possiamo creare prosperità e progresso per tutti i cittadini che nutrono aspirazioni, per i lavoratori autonomi, per coloro che partecipano all’economia condivisa, per anziani e giovani, in campagna, periferie e città.
È questa la sfida del partito laburista. Vecchi membri, giovani reclute, una nuova generazione di leader: tutti noi dobbiamo rimetter ci in gioco nella nostra vita politica.
(Trad. di Rita Baldassarre)