lunedì 14 settembre 2015

Corriere 14.9.15
Otto Schily, ex ministro dell’Interno tedesco e uno dei fondatori dei Verdi
«Le ricette di Corbyn sono fallimentari»
intervista di Paolo Valentino


L’ex ministro dell’Interno tedesco dal 1998 al 2005 e uno dei fondatori dei Verdi parla di Jeremy Corbyn, nuovo presidente del Partito laburista inglese: «Scelta bizzarra. La sinistra europea deve porsi il problema della diseguaglianza ma nel senso di una migliore redistribuzione del reddito già nella fase della sua creazione».

«Quella di Corbyn è una scelta bizzarra. Il Partito laburista sembra aver smarrito la sua capacità di comunicazione. Tutto è cominciato con la guerra in Iraq e le decisioni di Tony Blair, che la base del partito non ha mai accettato e digerito. Un disagio sul quale si innestano bene le posizioni di Corbyn, il quale vuole riportare il Labour alle politiche stataliste e pacifiste degli Anni Settanta e Ottanta. Dal punto di vista tedesco, è come se la Spd si fosse data per leader un incrocio tra Oskar Lafontaine e un radicale verde. E in generale, Corbyn è un’altra espressione del populismo di sinistra che si sta producendo in molti Paesi europei, da Siryza a Podemos».
Otto Schily non è mai stato tenero con la sinistra della sinistra, fosse quella della socialdemocrazia tedesca o di qualunque altro partito del socialismo europeo. L’ex ministro degli Interni tedesco, soprannominato lo «sceriffo rosso» per il rigore con cui interpretò il suo incarico nei governi rosso-verdi di Gerhard Schröder, ha sempre incarnato nella Spd la linea riformista e modernizzatrice, scontando anche lunghi periodi di isolamento.
Ma l’elezione di Corbyn non è anche il segnale che la sinistra in Europa ha un problema di fronte alle conseguenze della crisi economica, che per esempio non offre risposte convincenti alle disuguaglianze «grottesche» di cui parla il nuovo leader laborista?
«Non c’è dubbio. Ma le ricette che propone Corbyn hanno già fallito in passato, producendo stagnazione, inflazione, disoccupazione, debiti destinati a pesare sulle generazioni future. La sinistra europea deve sicuramente porsi il problema della disuguaglianza, ma nel senso di una migliore distribuzione del reddito già nella fase della sua creazione, non solo attraverso il sistema fiscale. Bisogna per esempio favorire, con incentivi e semplificazione burocratica, l’ampliamento della proprietà anche tra i lavoratori dipendenti».
Anche in Germania la Spd appare in crisi. La colpa è solo della cancelliera Merkel che ha «socialdemocratizzato» la Cdu, rubandole l’agenda?
«Nel 2005, dopo aver lanciato la più grande riforma economica degli ultimi 50 anni, abbiamo perso il potere per poche migliaia di voti, a causa di Oskar Lafontaine che si alleò con gli ex comunisti della Ddr. Certo, al nostro interno, durante il dibattito sull’Agenda 2010, ci fu una forte opposizione da sinistra. Una volta dentro la Grosse Koalition , è vero che la cancelliera ha fatto sue molte posizioni dei socialdemocratici e perfino dei Verdi. Stare al governo ci penalizza. E in vista del 2017, dovremo risolvere un complicato dilemma tattico e strategico, perché non si può far campagna contro il bilancio della grande coalizione, ma allo stesso tempo dobbiamo offrire un’alternativa. E nel partito, c’è anche una forte componente con posizioni molto simili a quelle di Corbyn, favorevole a un’alleanza rosso-rosso-verde cioè insieme alla Linke. Sarebbe un disastro».
Come dovrà comportarsi la sinistra europea con Corbyn?
«Deve argomentare con pazienza, contro le sue posizioni. Ma sarebbe un errore isolarlo. Anche perché la battaglia per la politica della crescita è una questione che riguarda tutta la sinistra in Europa. Solo che non può significare il ritorno al passato, come la tassazione redistributiva e la spesa statale incontrollata».
Sui migranti la cancelliera Merkel ha dato un’importante dimostrazione di «leading by example», guidare dando l’esempio. Come giudica la mossa tedesca e quanti rifugiati la Germania può permettersi di accogliere?
«Merkel ha una capacità straordinaria di percepire il sentimento prevalente nel Paese. E in questo momento la maggioranza dei tedeschi ha una forte empatia per la gente in fuga dalle crisi in Medio Oriente e Africa. È un atteggiamento che ha radici profonde nella storia e nell’esperienza tedesca. La questione è che ora la scelta giusta e coraggiosa della cancelliera rischia di produrre un paradosso. Non voglio essere frainteso, è un fatto. Come nel Mediterraneo l’azione di salvataggio, encomiabile e inevitabile, prima degli italiani e ora degli europei, rafforza la tendenza dei migranti a mettersi in mare e rischiare la traversata, così le immagini dei profughi accolti con gli applausi alla stazione di Monaco rafforzano il cosiddetto fattore di trascinamento per migliaia di altri. Per questo occorre distinguere tra chi può invocare il diritto d’asilo e i migranti, formulando una proposta d’immigrazione a questi ultimi, anche sulla base delle nostre esigenze demografiche. Sicuramente dobbiamo fare uno grosso sforzo attivo d’integrazione».