Corriere 13.9.15
«Ritocchi all’articolo 2». Il no di Guerini D’Alema attacca ed evoca la scissione
L’ex premier: il Pd deperisce. Se Cuperlo darà battaglia dentro o altrove io darò una mano
di Al. T.
ROMA Una breccia nel muro, per dire che l’articolo 2 della riforma del Senato non è un totem e che si può fare «un intervento chirurgico». Giorgio Tonini, vicepresidente del gruppo Pd a Palazzo Madama, rompe la quiete di fine estate e lancia una proposta che convince la minoranza ma che trova subito uno stop dall’alto, con il vicesegretario Lorenzo Guerini che dice no: «Cambiare l’articolo 2 della Costituzione rischierebbe di farci ripartire e quindi sarebbe un errore». Concorda Ettore Rosato, capogruppo alla Camera: «Le modifiche all’articolo 2 non sono necessarie». E anche il ministro Boschi dice: «Difficile riaprire».
Ma è Massimo D’Alema a disseppellire l’ascia di guerra, dalla Festa dell’Unità di Firenze, rilanciando il tema della dirigenza: «Non è positivo che premier e segretario siano la stessa persona. Il partito sta deperendo». E ancora: «Una volta c’era un compagno che diceva che se il partito dice che il bianco è nero, allora è nero. Ora c’è Lotti». Poi, parlando di Cuperlo e Speranza, ha evocato la scissione: «Sia che decidano di dare battaglia nel Pd sia che, in un momento che nessuno si augura, possano pensare di costruire altrove una sinistra, io darò una mano». Reazioni dure dai renziani.
Di fronte all’impasse sulle riforme intanto Tonini lancia un’offerta che è anche una sfida: si verifichi insieme, dice all’ Huffington Post , se ci sono le condizioni per intervenire sull’articolo 2, cioè se si trova «una maggioranza a prova di bomba» che vanifichi l’ostruzionismo. Se non ci fossero, però, «la minoranza si impegni a convergere» sul listino, lasciando intatta la Costituzione. Spiega Tonini: «Bisogna verificare, con un emendamento o un ordine del giorno, che ci siano le condizioni. Ma se constatiamo che FI non ci sta, che i 5 Stelle respingono al mittente la proposta e che Calderoli non ritira gli emendamenti, allora la minoranza si deve adeguare».
Tonini risponde a una proposta di Vannino Chiti che accetta l’idea che i nuovi senatori siano consiglieri regionali e sindaci. I cittadini, dunque, eleggerebbero direttamente i senatori, in una sorta di listino nelle Regionali. Ma questo va inserito in Costituzione. Passaggio non indolore per la maggioranza, perché implica una nuova navetta tra Camera e Senato con i rischi connessi. Per Chiti, le parole di Tonini vanno nella «giusta direzione». Continua in quello che lui stesso definisce un «incessante lavoro di sintesi», il ministro Maurizio Martina: «Non si viva questo passaggio come l’ennesimo atto di un congresso che non c’è». Favorevole anche Massimo Mucchetti: «Mi pare un’apertura che fa cadere il tabù dell’articolo 2».
E Forza Italia? Paolo Romani, accoglie «con favore» quella che definisce «una proposta importante»: «Abbiamo sempre sostenuto la tesi di un intervento chirurgico sulla Costituzione per l’elezione diretta». Ma aggiunge: «Questa apertura non mi sembra per ora corroborata dal consenso di alte personalità del Pd». Apre anche Maurizio Lupi, di Ap (Ncd), ma Renato Schifani ammette: «Alcuni miei colleghi sono per il no».
Al. T.