venerdì 11 settembre 2015

Corriere 11.9.15
Bersani: il mio voto alla riforma? Solo se si cambia l’articolo 2
Applausi alla festa dell’Unità di Firenze: non sento Renzi dall’elezione di Mattarella
di Marco Imarisio


FIRENZE Neppure l’assaggio del micidiale sugo di pecora allo stand di Campi Bisenzio gli viene risparmiato. «Ma non sono nella tana del lupo» dice.
Pier Luigi Bersani percorre tutti e sette i gazebo della Festa dell’Unità di Firenze con lo stesso sorriso e un evidente compiacimento. Gli piace essere qui. A ogni tappa arriva immancabile la domanda dei volontari sul convitato di pietra e lui non si sottrae. «Non è solo la città di Matteo Renzi» fingendo ogni volta sorpresa. «È anche la città della sinistra e dell’Ulivo. E poi siamo in una zona franca». Avanti un altro.
Il ritorno dell’ex segretario avviene in fascia quasi pomeridiana. Il colloquio pubblico con il giornalista del Corriere fiorentino Claudio Bozza è fissato alle 19. La prima serata, ore 21, è riservata al sindaco Dario Nardella, come a dire il giorno e la notte in rapida successione. All’ingresso delle Cascine, sede tradizionale della festa, c’è un picchetto d’onore composto da una legione di renziani veraci, ai quali non manca di ricordare con malizia di aver fatto anche lui una Leopolda, e pure in anticipo sui tempi. Era il 2009, un convegno sulla manifattura alla stazione di Pisa, che porta il nome di quella resa celebre dagli allora rottamatori. «Matteo mi ha fregato l’idea» dice, premurandosi di aggiungere subito un «oh ragassi si scherza» davanti ad alcuni sguardi in tralice. Il primo a fermarlo è un ragazzo disabile. «E Fassina?» Bersani alza le spalle. «Se lo vedi, magari salutamelo». Un anziano lo abbraccia dopo avergli mostrato con orgoglio la borsa rossa. Dopo i saluti il sorriso si eclissa. «C’è un pezzo della nostra gente, ma bello grosso, che ha l’impressione di essere portata dove non vuole andare».
All’ingresso erano tutti renziani, di vecchio e nuovo conio, ma sotto al palco sovrastato dalla scritta «Oltre» sembrano tutti bersaniani. Sono almeno in cinquecento, con tanti posti in piedi, e a denti stretti gli organizzatori ammettono che finora nessuno aveva portato così tanta gente. L’ovazione da tutti in piedi che lo accoglie non era affatto scontata. L’ultima uscita ufficiale da queste parti è un ricordo piuttosto doloroso, comizio nell’ultima settimana di campagna elettorale per le Politiche del 2013, quando l’allora sindaco Matteo Renzi salì sul palco con il candidato premier del Pd, un’intesa poco cordiale che durò lo spazio di una «quasi vittoria». Adesso tutto si è capovolto. L’atmosfera è davvero amichevole, ma le cortesie durano il tempo di nominare le riforme. «Sento dire che si vuole trovare una mediazione. Bene, d’accordo. Ma fatico a comprendere come questa mediazione possa essere fatta senza toccare un articolo che dice totalmente il contrario di quel che sosteniamo. Se qualcuno mi spiega come si fa... ma la vedo molto complicata. E tanto per essere chiari, io la riforma la voto solo se si cambia l’articolo 2».
A un centinaio di chilometri di distanza, a Reggio Emilia, il suo amico Vasco Errani, molto stimato a Palazzo Chigi, si produce in una cauta apertura dicendo che una riforma del Senato «ci vuole» ma per farla bisogna unire il Pd tramite adeguata sintesi. Ascoltando Bersani la sensazione è che trovarla non sarà certo una passeggiata. «Renzi? Non lo sento dall’elezione del presidente della Repubblica. Ma ne ho fatto qualcuno anch’io, di comizio: mi avete mai sentito parlare male della minoranza del Pd? No, mai, perché comunque quella è tutta gente tua, non sono mica nemici».L’insofferenza bersaniana per l’erigenda nuova struttura costituzionale diventa evidente quando si parla dei contrappesi in democrazia. «Senza finanziamento pubblico, senza legge sui partiti e sulle primarie ma con questo Italicum non avremo più un uomo solo al comando, ma un uomo solo al guinzaglio di chi può pagare le campagne».
«Renzi sta spezzando il partito!» gli urlano dalla folla, e lui si mette in modalità paternalistica. «Siamo ancora giovani, fatichiamo a parlarci. Ma ora è necessario farlo». E se non dovesse accadere? «Mai e poi mai la scissione». Ovazione conclusiva e almeno una ventina di selfie. Bersani esce dalla porta principale della presunta tana del lupo. E comunque non può lamentarsi dell’orario. Anche il dibattito di domani tra Massimo D’Alema e Gianni Cuperlo è stato fissato alle 19. In contemporanea con Fiorentina-Genoa.