giovedì 10 settembre 2015

Corriere 10.9.15
La scommessa del compromesso in extremis sulle riforme
Ma per ora il premier e la minoranza del Pd rimangono su posizioni agli antipodi sul futuro di Palazzo Madama
di Massimo Franco


Si prende un po’ di tempo. Ma non è chiaro se basterà a fare maturare un accordo nel Pd; oppure se finirà per cristallizzare ulteriormente le posizioni, costringendo Matteo Renzi ad una prova di forza in Senato. Gli stessi mediatori più tenaci non nascondono che l’esito della trattativa rimane in bilico. Per ora, gli avversari del premier non si spostano dall’idea di un’assemblea di Palazzo Madama eletta direttamente. Vogliono che si rivoti l’articolo 2, e anche l’articolo 1 che riguarda le competenze dei senatori. In sostanza, è proprio quello che Renzi e il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi vogliono evitare a tutti i costi.
Per Palazzo Chigi, la questione ha assunto un valore anche simbolico che difficilmente può portare ad un passo indietro. Significherebbe l’ammissione che la sua minoranza interna è riuscita a piegarlo. E mentre l’economia sembra dare finalmente segni positivi. La sensazione è che Renzi impiegherà i prossimi giorni per capire quanto i suoi avversari siano compatti; se sia possibile far leva su chi è disponibile a soluzioni intermedie come quelle proposte dal presidente della Commissione affari costituzionali, Anna Finocchiaro; e in parallelo quali voti «di complemento» possa raccogliere tra i transfughi di FI.
È vero che la riunione di martedì sera ha un po’ svelenito i rapporti. La proposta di mediazione reziana, però, non c’é: non nei termini chiesti dai fautori dell’elezione diretta dei senatori. Gli oppositori ripetono che, senza affrontare il tema dell’articolo 2, quasi certamente da rivotare anche secondo Pietro Grasso, presidente del Senato, è inutile discutere. D’altronde, se ha ragione chi vede non una ma diverse opposizioni a Renzi nel Pd, è prevedibile che la guardia sarà alta per tenerle compatte. Eppure, quello che è stato definito «il lodo Finocchiaro» rimane sullo sfondo come una tentazione o una risorsa estrema, alla quale aggrapparsi qualora le cose prendessero una piega destabilizzante. Se non c’è un’intesa, i rischi di un muro contro muro dagli effetti non prevedibili sono reali. Gli unici gruppi parlamentari abbastanza compatti sono quelli del Movimento 5 stelle e della Lega. Pd, Ncd e FI si presentano invece, per motivi diversi, percorsi da spinte centrifughe evidenti.
Ma sono le tre formazioni che dovrebbero garantire, politicamente o numericamente, la maggioranza al governo. Per questo emerge l’esigenza di evitare una conta che comunque potrebbe logorare Renzi. Il quadro si complica perché, mentre da Palazzo Chigi si dà per scontata una soluzione, gli avversari sostengono che i numeri si assottigliano per il premier. Insomma, oltre a a una schermaglia parlamentare è in atto una guerra psicologica da entrambe le parti. È probabile che alla fine la spunti Renzi. Il sospetto, però, è che neanche lui sappia ancora come ci riuscirà.