lunedì 31 agosto 2015

Repubblica 31.8.15
Il Pd al Senato rischia il caos
Zanda richiama i dissidenti “Ora basta lotte di partito”
Il capogruppo: si decide a maggioranza, così come nei condomìni
Fi:rischiamo di dare l’Italia a Grillo
di Alessia Gallioni


MILANO. Ad aprile, in piena discussione sull’Italicum, aveva “strigliato” i suoi per le troppe assenze in aula e in commissione con una lettera dai toni durissimi: «Se il gruppo dovesse perdere la tensione, la stessa continuità della legislatura verrebbe messa a forte rischio ». Questa volta, a poco più di una settimana dalla ripresa dei lavori a Palazzo Madama e del percorso di una riforma del Senato caricata di una tensione da resa dei conti anche all’interno del Pd, il capogruppo democratico Luigi Zanda “richiama” la minoranza del partito alla responsabilità. E all’ordine. Un messaggio lanciato direttamente dal palco della Festa dell’Unità di Milano: «Penso che la lotta politica si debba fare dentro il partito. In Parlamento si fa la lotta sui lavori parlamentari», dice. Ed è a questo punto che introduce una questione che lui stesso definisce «molto delicata ». Premette di muoversi «in punta di piedi», ma le parole risuonano comunque chiare. Le «decisioni nei gruppi si prendono a maggioranza». E una volta che si decide è a quelle che, poi, «ci si dovrebbe attenere». Una regola che, ricorda, era stata scritta per “Italia bene comune”. Ma senza andare a scomodare il programma della coalizione del 2013, aggiunge: senza questo principio «non dico i parlamenti ma i condomini, i cda delle grandi aziende o le bocciofile non potrebbero funzionare».
È una vigilia tormentata quella del nuovo passaggio parlamentare della riforma. Siamo al terzo giro e il testo rischia di essere sommerso dagli oltre 500mila emendamenti - quasi tutti della Lega - presentati. Una questione di numeri, come quelli della maggioranza. Su questo, Zanda mostra ottimismo: «È dal 2006 che combatto con numeri bassi. Alla fine ce la faremo anche questa volta». Perché il mantra è lo stesso del presidente del Consiglio Matteo Renzi. Anche il responsabile dem lo ripete: «Penso che alla fine la riforma verrà approvata in tempi ragionevoli. Anche perché siamo tutti d’accordo: il bicameralismo perfetto deve finire». Ed è da questa linea comune che ci si può confrontare «con tutti ». Al suo fianco sul palco c’è il capogruppo al Senato di Forza Italia Paolo Romani che oggi volerà a Villa Certosa per fare il punto con Berlusconi. Per ora, il soccorso azzurro non arriva: «L’articolo 55 è stato stravolto e il Senato è stato trasformato in qualcosa di inutile, un dopolavoro dei consiglieri regionali. Forse sarebbe meglio tornare all’elezione dei futuri senatori», dice. Altrimenti, l’unione di questa riforma e della legge elettorale «consegnerebbe l’Italia nelle mani di Grillo». Sel ribadisce con Arturo Scotto: «Sì alle riforme, ma queste sono scadenti e ci batteremo perché non vengano fatte».