lunedì 31 agosto 2015

Repubblica 31.8.15
Claudio Descalzi
L’ad del Cane a sei zampe: “Ci sarà anche la possibilità di export verso l’Italia, dall’impianto di Damietta via nave”
“L’indipendenza energetica al Cairo può dare stabilità a tutta la regione”
intervista di Andrea Greco


MILANO. Forse avrebbe preferito che la seconda scoperta nella storia dell’Eni non cadesse in un periodo di vacanze, l’ad Claudio Descalzi. «Sono tornato sabato notte dall’Egitto, stanco ma molto felice: questa scoperta è da brividi e trasforma lo scenario, per loro e anche per noi». Quando dice loro, intende l’Egitto del generale Al-Sisi. Ma dicendo “ noi” intende più l’Eni, che l’Italia.
L’Italia finalmente potrà allentare la sua dipendenza dal gas russo, che conta per quasi metà del fabbisogno?
«Di certo l’Egitto, in una fase in cui iniziava a importare gas da fornitori come Russia e Algeria (gli stessi dell’Italia, ndr ), con la messa in produzione del gas di Zohr diventerà autonomo e libererà gas aggiuntivo per le importazioni degli altri paesi».
Ma dei nuovi 850 miliardi di metri cubi egiziani neanche una goccia potrà arrivare da noi?
«Un quantitativo rilevante, ma sempre di complemento, potrebbe arrivare direttamente in Italia, via nave, tramite l’impianto di liquefazione di Damietta. Ultimamente quel nostro impianto egiziano non era in esercizio per mancanza di gas: ma con questa scoperta, che porterà l’Eni a raddoppiare la produzione egiziana (200mila barili di petrolio equivalente al giorno, ndr ) potremmo in futuro riempire l’impianto di Damietta e imbarcare il gas al rigassificatore di Panigaglia, o altrove ».
Quali sono invece le ricadute per l’Egitto, un bastione dell’Occidente in Africa?
«Con questa scoperta l’Egitto diventa un paese indipendente nell’energia. Per loro è fondamentale, e anche per l’Europa, perché dà più sicurezza e stabilità geopolitica a tutti, dato il ruolo che l’Egitto ha nella regione. Ho trovato il governo del Cairo galvanizzato al riguardo».
Per Eni quali saranno le conseguenze della scoperta egiziana?
«La scoperta conferma la validità della nostra strategia, di insistere nella ricerca in aree mature di paesi che conosciamo da decenni. Da un punto di vista geologico, abbiamo esplorato in un punto molto innovativo: nelle rocce sedimentarie carbonatiche del Miocene. Avevamo già esperienze in tipologie simili, in Venezuela e Kazakistan. E questa scelta, unita all’analisi dei dati con le nostre tecnologie proprietarie, ci ha permesso di trovare idrocarburi in una zona dove altri avevano fallito, scavando 10 pozzi senza trovare nulla. È un fatto che a noi dell’Eni dà i brividi, molta euforia e compattezza alla squadra».
Quanto tempo passerà prima di commercializzare il nuovo gas?
«Poco. Credo che in qualche mese potremo avere la licenza di sviluppo e produzione; l’anno prossimo faremo i primi pozzi, e tutte le condotte che servono per il trasporto. Mi aspetto insomma che i frutti si vedano entro la fine del piano strategico 2015-2018. Inoltre, sappiamo già che quel gas ha ottime proprietà: è metano, povero di condensati, di anidride carbonica e di zolfo. Potremo fare i pozzi rapidamente e con caratteristiche di produttività altissime: anche perché il giacimento si trova molto vicino al nostro centro trattamento gas di El Gamil, nella zona di Port Said dov’è sito anche l’impianto di Damietta».
Poiché l’Eni ha il 100% della licenza del giacimento Zohr, ne venderà una parte, com’è stato per il progetto del Mozambico?
«È una porta aperta, per dare valore e solidità al bilancio Eni. Ma non andrà necessariamente così: qui c’è da spendere molto meno che in Mozambico, e il nuovo gas andrà soprattutto al mercato domestico locale, con prezzi ben definiti e scollegati da quelli del petrolio, oggi ai minimi da sei anni».