lunedì 31 agosto 2015

Repubblica 31.8.15
Il retroscena
Grasso spiazza Renzi sull’articolo 2 “Va rivotato”. E informa il Quirinale
di Francesco Bei


Il “pontiere” Damiano insiste: la soluzione c’è ed è il listino quando si vota per le Regioni Porte aperte agli emendamenti sul punto cruciale dell’elezione indiretta dei senatori
I fedelissimi del leader: cambiamo strategia. Prende piede l’ipotesi di un colloquio premier-Bersani

ROMA . Piero Grasso ha deciso. Dopo aver passato l’estate a consultare costituzionalisti e a studiare il lungo report preparatogli dagli uffici, il presidente del Senato si appresta a dare un grosso dispiacere a Renzi. Sancendo- è nei suoi poteri - l’emendabilità dell’articolo 2 della riforma costituzionale. In sostanza, fuori dai commi e codicilli, significa che la partita sull’elettività dei futuri senatori, cuore dello scontro politico tra maggioranza e minoranza dem, è aperta. Apertissima. Dopo aver maturato questa decisione ora Grasso attende di comunicarla direttamente al governo. Intanto, in via informale, ne ha informato il capo dello Stato.
Dunque l’ormai famoso articolo 2, che i renziani credevano di aver messo in sicurezza grazie alla “doppia lettura conforme” tra Camera e Senato, diventerà un terreno di battaglia micidiale, con decine di voti a rischio sugli emendamenti. E non un solo voto secco “Sì” o “No”. Si tratta di una novità rilevante, dovuta a una svista marginale, una piccola preposizione, che tuttavia rende l’articolo 2 non letteralmente identico nella versione approvata a palazzo Madama e poi a Montecitorio. Quindi, secondo il regolamento del Senato, si può riaprire. Un’evenienza che spaventa il premier, tanto che sul Corriere della sera ieri aveva provato a erigere un muro difensivo sostenendo che rivotare una cosa già votata due volte sarebbe stato «un colpo incredibile» a un principio che vige da decenni. Eppure dovrà fare i conti con questa sgradita sorpresa.
A questo punto, visti i numeri ballerini del Senato, anche la strategia del governo dovrà cambiare. La tentazione del colpo di forza, basata sui numeri assicurati dai fuoriusciti dei vari partiti, a partire dai verdiniani, sta perdendo quota. «Perché un conto è vincere una volta e passare oltre. Un altro - ragiona un renziano di palazzo Madama - dover assicurare la maggioranza per superare decine di emendamenti».
Per questo, nelle telefonate che precedono in queste ore il rientro della maggior parte dei protagonisti nella Capitale, si va affacciando l’ipotesi di una soluzione politica. Interna al Pd. Ne parlano tutti. Lo vorrebbe la minoranza Pd, se lo sognano a occhi aperti anche i renziani più prudenti, preoccupati per un fine corsa che a questo punto non sembra fuori dalla realtà. L’ipotesi dunque è quella di un patto tra gli unici due che potrebbero sottoscriverlo: lo stesso Renzi e Pier Luigi Bersani. Non un accordo politico onnicomprensivo, ma una cornice minima di rispetto per portare a casa la riforma ed evitare il voto anticipato. Lo stesso Mattarella ha iniziato a lanciare segnali di preoccupazione per la deriva oltranzista presa da entrambe le parti. Uno gioco al rialzo, tra chi minaccia Vietnam e chi risponde picche, che non fa certo piacere al capo dello Stato. Perché rischia di mettere fuori gioco il paese nella vera partita che si sta per aprire, quella con Bruxelles sulla flessibilità.
Se davvero Renzi ha iniziato a credere che Bersani e i suoi si vogliano misurare al prossimo congresso del 2017, senza provocare una crisi di governo al buio, allora un’intesa appare non impossibile. Quale potrebbe essere questo «punto d’incontro » di cui parla il premier non è ancora chiaro. Al momento non si va più in là dell’ipotesi già ventilata di un listino da affiancare alla lista dei consiglieri regionali per indicare chi andrà a palazzo Madama. Ieri Cesare Damiano, certo non un sostenitore interno di Renzi, ha invitato la minoranza ad accettare il compromesso: «La soluzione è quella del listino. Un’ipotesi che può trovare una larga convergenza e che ha trovato il sostegno autorevole di Luciano Violante». Un’altro a-renziano come Dario Ginefra l’ha sposata subito: «si puó e si deve trovar un’intesa che faccia progredire il testo in discussione e che tagli le ali ai falchi che si annidano da una parte e dall’altra ». Damiano e Ginefra danno voce a quello che pensa una gran parte dei parlamentari di mezzo, nè renziani né antirenziani, il corpaccione del partito che inizia a vivere con crescente insofferenza questa contrapposizione totale.
Al momento da palazzo Chigi fanno sapere che l’ipotesi di un incontro Renzi-Bersani è quantomeno prematura. Che i toni sono stati troppo accesi per pensare che possa finire a tarallucci e vino con un faccia a faccia. Ma la pace alla fine, si fa con i nemici. E Renzi al Senato non se ne può permettere troppi.