lunedì 31 agosto 2015

Corriere 31.8.15
Oggi la vera divisione è sul sistema di voto
di Paolo Cirino Pomicino
Ex ministro Dc


Caro direttore, ho letto con molta attenzione l’editoriale di Paolo Mieli ( Corriere del 27 agosto) e credo utile qualche considerazione. Mieli critica la vocazione scissionista del socialismo europeo portando ad esempio le vicende tedesche e greche. Quella vocazione «scissionista» appartiene esclusivamente alla cultura socialista come dimostra anche la storia del nostro paese (Psu, Psi, Psdi e Psiup). Ma il partito democratico non appartiene a quella cultura nonostante sia iscritto al partito socialista europeo perché la stragrande maggioranza dei suoi dirigenti ed elettori vengono dalla esperienza comunista e democristiana. Entrambe quelle culture, con i rispettivi partiti di riferimento, hanno sempre respinto qualunque ipotesi di scissione in 70 anni di storia patria (non a caso nel 1991 la scissione fu voluta da Bertinotti, un socialista lombardiano, quando il comunismo internazionale era finito).
Al di là di questa precisazione, sarebbe interessante, invece, leggere Mieli sul tema in discussione vista la sua statura storica e culturale. Il tema che divide non solo il Pd ma l’intero sistema politico è il modello istituzionale proposto dal governo che, ridotto all’osso, prevede che gli italiani non votino più né i senatori né la maggioranza dei deputati nell’unica Camera politica che rimarrebbe. Ma la cosa più grave è che al partito di maggioranza relativa verrebbe dato un premio che al primo turno è del 15% e al secondo forse molto di più rispetto alla rappresentanza popolare. Fuori dai tecnicismi, il governo del Paese verrebbe affidato per sempre a una minoranza che nel migliore dei casi rappresenterebbe all’incirca un terzo dell’elettorato e i cui membri sarebbero in prevalenza nominati. A questo si aggiunga che negli ultimi 20 anni c’è stata una deriva personale in tutti i partiti per la quale il segretario è diventato il padre padrone senza più organi collegiali funzionanti.
Stando così le cose, la democrazia politica sarebbe un ricordo rispetto al nostro passato repubblicano e rispetto all’Europa di oggi in cui la democrazia prende le forme o di quella presidenziale con i relativi contrappesi o di quella parlamentare, con soglia di accesso e senza un premio di maggioranza di quella portata. Nell’unico caso in cui c’è un premio del 15%, la Grecia, non c’è il secondo turno come addirittura non c’era nella famosa legge Acerbo di fascista memoria. È questa la grande questione che divide il Pd e il nostro sbrindellato sistema politico. Una posta, come si vede, ben più importante di quelle che in Europa generarono le scissioni socialiste evocate da Mieli che avvenivano sulle politiche economiche e sociali. Credo sia giunto il tempo in cui gli intellettuali italiani e le grandi organizzazioni sociali facciano sentire la propria voce perché in gioco, questa volta, c’è la democrazia politica per come l’abbiamo costruita e difesa in 70 anni di vita repubblicana e non certo quel superamento del bicameralismo paritario ormai accettato da tutti.