sabato 29 agosto 2015

Repubblica 29.8.15
Guerra e pace negli angoli di casa Tolstoj
Viaggio a Tula sulla tomba del grande scrittore Meta da sempre di un laico pellegrinaggio
di Piergiorgio Odifreddi


A due centinaia di chilometri da Mosca, vicino alla cittadina di Tula, si trova Jasnaja Poljana, “Chiara Radura”, una meta di pellegrinaggio laico nota in Russia per essere stata la residenza di Lev Tolstoj e dei suoi antenati. In particolare, del principe Nikolai Volkonskij, generale zarista e nonno materno dello scrittore. L’assonanza del suo nome con quello del principe Nikolai Bolkonskij di “ Guerra e pace” non è ovviamente casuale. Il primo ha infatti ispirato da
vicino la scontrosa e irascibile figura del secondo. E ha anche ispirato il ruolo di aiutante di campo del maresciallo Kutuzov nel 1805, e dello zar Alessandro I nel 1812, ricoperto nel romanzo dal principino Andrej Bolkonskij.
Quest’ultimo è immaginario, perché il vero principe Volkonskij non aveva figli. Ma, come il fittizio principe Bolkonskij, possedeva una figlia: la bigotta principessina Marja, ispirata alla madre di Tolstoj. E il verbo “possedere” rende bene l’idea della relazione tra i due, che nella realtà e nella finzione era la tipica sottomissione di una figlia-serva a un padre-padrone. Anche se, in entrambi i casi, la morte del tiranno di famiglia spezzerà le catene alla giovane e le permetterà di diventare moglie e madre, oltre che erede della tenuta di famiglia: rispettivamente, Jasnaja Poljana e Ljsje Gorj, “Monte Calvo”.
Passare attraverso le due torri che segnano l’entrata alla tenuta significa dunque immergersi nei veri luoghi dell’ancor vitale ma immaginario romanzo. Dopo le torri, la prima parte della proprietà che si incontra è un grande lago. In lontananza, al di là di esso, si scorgono il palazzo del principe Volkonsky, oggi sede di uffici della tenuta.
Il viale che costeggia il lago punta dritto alla casa di Tolstoj, che si intravede lontana fra le betulle. Le stanze nelle quali lo scrittore ha abitato e lavorato per la maggior parte della sua vita non costituiscono che un’ala del ben più grande palazzo costruito dal padre, poi morto prematuramente. Il figlio lo ereditò intero, ma dovette venderlo quasi tutto a ventisei anni per pagare debiti di gioco. La turbolenta vita giovanile di Tolstoj, trascorsa appunto a giocare e gozzovigliare con gli amici, frequentare bettole e bordelli a Mosca e San Pietroburgo e approfittarsi delle contadine nella sua tenuta, è riflessa nelle vicende del conte Pierre Bezuchov, il protagonista di Guerra e pace, che è l’alter ego dello scrittore e ne riflette la lenta e incerta maturazione. Così come Natascia Rostova, con la quale Pierre convolerà a tempo debito, è un misto della moglie Sonja e della cognata Tanja di Tolstoj.
Dal 1921 la casa di campagna dello scrittore a Jasnaja Poljana e quella di città a Mosca sono musei. In entrambe ci sono grandi tavole da pranzo per accomodare la nidiata dei figli e i numerosi visitatori. Soggiorni e salotti con angoli per le conversazioni, le letture e gli scacchi. Pianoforti, camere da letto separate per i coniugi, i figli, i parenti, gli ospiti e i servi. E soprattutto gli studi, nei quali Tolstoj scriveva di giorno le brutte copie che la moglie riscriveva in bella di notte: un andirivieni di manoscritti e bozze che, nel caso di Guerra e pace , costrinse la paziente signora a ricopiare interamente una mezza dozzina di volte l’intero romanzo. Uno dei grandi divani di pelle scura degli studi era servito per il parto di Tolstoj stesso, il 28 agosto 1828, oltre che di molti dei suoi fratelli e figli. E le sedie della scrivania erano sorprendentemente basse, una da bambino e l’altra con le gambe tagliate, per permettere al miope scrittore di leggere da vicino i fogli senza usare gli occhiali.
Un aspetto leggermente inquietante è la profusione di ritratti e busti di Tolstoj sulle pareti e negli angoli delle due case, a testimonianza di una megalomania che faceva il paio con una vitalità degna di Hemingway. Anche da anziano Tolstoj amava infatti essere e mostrarsi sportivo, e passava ore a cavalcare, nuotare, giocare a tennis, pattinare sul ghiaccio e pedalare, oltre a far sesso a più non posso, dentro e fuori casa. Allo sport univa poi il lavoro nei campi e le attività manuali più disparate, dal fabbricarsi gli stivali all’attingere l’acqua dal pozzo, nonostante lo stuolo di servi. In parte lo faceva anche per conoscere da vicino ciò che poi descriveva nei suoi romanzi. Ad esempio, solo uno scrittore che aveva osservato per ore le arnie che ancor oggi si trovano dietro la casa di Jasnaja Poljana poteva paragonare la Mosca abbandonata dagli abitanti e invasa dalle truppe di Napoleone a “un alveare che langue senza l’ape-regina”, e dilatare la metafora in varie e straordinarie pagine di prosa naturalistica sulle api. Per lo stesso motivo, sia le parti storiche che quelle immaginarie di
Guerra e pace sono saldamente
ancorate alla realtà. La biblioteca dello scrittore trabocca di libri sulle guerre napoleoniche, che oltre a scrivere il romanzo servirono a Tolstoj per preparare le lezioni che impartiva ai ragazzi della tenuta, in una scuola da lui stesso fondata. Egli conosceva inoltre di persona sia la vita al fronte, per aver combattuto da giovane in Crimea, sia il campo di battaglia di Borodino.
Quanto ai personaggi immaginari del romanzo, i parenti e gli amici di Tolstoj si divertivano a ritrovarvisi reciprocamente rappresentati, benché lo scrittore negasse di essere “un ritrattista o un memorialista”. Alla lista di quelli già citati (nonno materno, madre, moglie e cognata) vanno aggiunti il nonno paterno Ilja, che ispirò il bonario conte Ilja Rostov. Il padre Nikolai, alias Nikolai Rostov, che alla fine del romanzo sposerà la principessina Marja: cioè, appunto la madre di Tolstoj. E la “zia Toinette”, che divenne Sonja, il “fiore sterile” della famiglia Rostov.
La visita alla tenuta termina percorrendo un lungo sentiero che si allontana dalla casa di Tolstoj e si addentra nei boschi, conducendo alla sua tomba. Lo scrittore riposa sotto un semplice cumulo di frasche, non lontano dalla sua cavalla preferita Delirio. Il luogo lo scelse lui stesso in ricordo della sua infanzia: ci andava a giocare con i fratelli, e un giorno il maggiore Nikolai, morto giovane, aveva raccontato di averci seppellito un bastoncino verde con su inciso il segreto della felicità.
Lo scrittore vi fu tumulato il 9 novembre 1910, due giorni dopo che era morto nella stazione di Astapovo, a un centinaio di chilometri da Jasnaja Poljana. Il 28 ottobre, infatti, con una zampata da Leone, era scappato di casa e dall’eroica moglie, dopo aver vissuto gli ultimi trent’anni da Pecora mistica: cioè, predicando bene la povertà e la castità, ma razzolando male nel lusso e nella lussuria.
La sua ultima piccola avventura l’hanno raccontata in molti, da Vladimir Pozner nel romanzo- verità Tolstoj è morto (1935) a Michael Hoffman nel film “The last station” (2009). Ma la grande e memorabile storia di Jasnaja Poljana, dei suoi variopinti abitanti e dei suoi tempi gloriosi l’ha cantata Tolstoj stesso in Guerra e pace . Ed è solo per capire meglio com’è nato e cresciuto quel romanzo che ancor oggi visitiamo la tenuta, e non certo per rivangare le nevrotiche bizze o le noiose prediche del suo proprietario.